Gli spiriti non sottomessi sono il sale della terra, così spiegava il suo anticonformismo Gide. Una frase utile, anche per definire il valore della iniziativa intrapresa dal gruppo dirigente della Cgil di Pescara sul tema della storia e dello sviluppo dell’Europa.
Non esaurire la propria partecipazione ai più recenti accadimenti europei con la semplice osservazione degli avvenimenti, o ancora, al solo schierarsi sui contenuti del Carta fondamentale costitutiva della nuova istituzione, è una operazione raffinata ed intrigante.
L’avvio di una riflessione sull’Europa, sulla sua storia, sull’evoluzione filosofica, culturale e storica, ma anche dell’uso della sua esperienza indubbia in materia di conflitti, e della loro genesi, trova odiernità dal significato assunto dalla vicenda irakena e dalla guerra dei balcani, che offrono spunti per un esame della “congruità” del contrasto tra valori occidentali ed orientali, o meglio, islamici. Le origini dell’Europa, la sua matrice etica-politica-culturale-religiosa, a quale valore deve fare riferimento. Tamburi di guerra, bombardamenti a tappeto distruggono un lembo del pianeta (Irak), tutto in nome della superiorità della civiltà cristiana-occidentale sull’islamismo, reso truce dal fondamentalismo. Si perfeziona l’annullamento della civile tolleranza tra curdi, religioni e culture che ha dominato quelle terre insanguinate. Tolleranza che ha permesso alla cultura europea di sopravvivere alle orde barbariche, attraverso la realizzazione di biblioteche, università e scuole capaci di alimentare il sapore nell’attenzione e nella tolleranza più piena. I poteri, i gruppi dominanti, le politiche di sopraffazione hanno distrutto la curiosità e la “pacificità” della contaminazione culturale tra concezioni religiose e culturali diverse. A me piace pensare, per questo grazie alla CGIL di Pescara che ha dato un contributo forte ed interessante, che l’Europa nella ricerca delle proprie origini, possa porre nella propria agenda la voglia di ricostruire quel clima e quella contaminazione. Dobbiamo giungere al 1800 d.c. per leggere, nella storia scritta, la nascita di movimenti politici che guardano all’Europeismo e si orientano ad avvicinare i popoli e gli stati europei all’integrazione economica e all’unificazione politica.
L’esigenza emergeva da una necessità: adeguarsi alle modificazioni introdotte dalla rivoluzione industriale e dalla “conquista borghese”. Alla guida dei movimenti si ponevano intellettuali con le loro proposte di riorganizzazione della società europea in una federazione di popoli in un solo corpo politico, pur conservando ciascuno di essi la propria indipendenza nazionale. Queste idee erano anche alimentate, in forte contraddizione, dalle speranze affidate a Bonaparte, il quale, mentre dettava le sue memorie nella solitudine di Sant’Elena, si lamentava di non avere potuto finire l’opera iniziata.
Nel disegno bonapartista l’Europa sarebbe diventata di fatto un popolo solo con una legge europea, una Corte di Cassazione, un sistema monetario unico, di pesi e di misure uguali, stesse leggi per tutta Europa. “ Tale unione dovrà venire un giorno o l’altro per forza di eventi. Il primo impulso è stato dato, e dopo il crollo e dopo la sparizione del mio sistema io credo che non sarà più possibile altro equilibrio in Europa se non la lega dei popoli”.
Un disegno imposto, ideato nel sangue sin dalla sua origine, ma perfettamente razionale nelle sue deduzioni. La Cgil di Pescara, con la iniziativa seminariale, svolta sui temi dell’origine e dello sviluppo storico del disegno europeo, si infila nella storia dell’Europa e cerca, moderno intellettuale collettivo, di rimodellare un pensiero non trascurando di rifondare l’Europa dalle sue origini, che affondano nella mitologia, nella lotta tra gli dei, gli uomini e i semi uomini, e soprattutto mette a nudo la contaminazione storica e filofica tra Europa ed Asia, narrando le vicende dell’Impero Romano e, quindi, di Costantinopoli (la nuova Roma d’Oriente) e la vecchia capitale Roma. Da questa storia, dalle leggende, dagli intrecci tra i popoli e le loro culture, senza trascurare i sanguinosi conflitti, emerge il punto di snodo dal quale si comincia a parlare di un “pensiero europeo”: il secolo dei Lumi. Bisognerà giungere al XVIII secolo, per vedere lo sviluppo di una riflessione europeistica, tra intellettuali non al servizio dei potenti, senza intenti egemonici, non come dominio di una Impero sul continente, ma libera unione tra nazioni e popoli liberi.
Il problema, però, è che allora, come oggi, i potenti d’Europa non hanno mai resistito alla tentazione egemonica. Ieri l’Impero austro-ungarico, o guglielmino, come lo stesso napoleonico e, in ultimo, a quello nazista. Sono però alcuni pensatori, uomini decisamente in anticipo con i tempi, che gettarono, talvolta inconsciamente, il seme dell’unità europea. C’era chi si era spinto ad auspicare in Europa la presenza di 15 “dominii” raccolti intorno ad un unico governo o a pensare ad una sorta di Dieta europea.
Gli stati vi avrebbero avuto accesso secondo un criterio proporzionale legato alle dimensioni territoriali ed alla ricchezza demografica. Disegni che prevedevano, per rendere perpetua la pace europea, un’alleanza tra sovrani europei, coordinata da un vero e proprio Parlamento, con poteri legislativi e giudiziari, capace di decidere e ad esso gli stessi sovrani avrebbero dovuto conformarsi. Non mancò chi, progettava che ogni Paese avrebbe fornito uomini per la creazione di un esercito comune ( giusto per non allontanarsi dalle proposte che ancora oggi circolano). A questo disegno di impronta, potremmo dire, monarchica, si contrappone il Rosseau, che vede, nel ruolo dei sovrani un elemento destabilizzante, mentre, sosteneva, che solo una rivoluzione democratica sarebbe stata in grado, quindi, di assicurare un’unione salda e una pace perpetua. Più recentemente Cattaneo sosteneva la necessità dell’unione dei vari Stati sotto forma di una federazione, ma che si lasciasse ai singoli Stati ampie autonomie di direzione economica e politica in considerazione della varietà dei problemi che si erano creati in essi in seguito al loro diverso sviluppo storico. Una idea che ha ancora valore, seppure ampiamente ignorata, infatti, si iniziano conflitti con un popolo senza sapere nulla della loro cultura e della loro storia, con le conseguenze note che vanno, dalle Jugoslavie, all’Irak.
Ma per parlare dell’idea dell’Europa unita, entità politica sopranazionale in grado di difendere i valori della libertà e della democrazia, bisognerà arrivare al “presuntuoso piccolo borghese” ALTIERO SPINELLI, accusato di voler “minare l’ideologia bolscevica”, mentre MUSSOLINI, con accuse opposte, lo fa arrestare e condannare al confino sull’isola di Ventotene, assieme agli altri esponenti, per aver con ERNESTO ROSSI, redatto e diffuso il Manifesto dell’Europa Unita e Libera, auspicando la venuta del Federalismo europeo.
Una tensione che si scolora nell’europeismo del dopoguerra interamente contrassegnato da un “europeismo occidentale” che muove intorno all’asse ed é fortemente condizionato dal Piano di aiuti Marshall e dall’Alleanza Atlantica. E’ solo nell’ultimo ventennio che l’Europa attuale assume una valore diverso, infatti, il Parlamento, in origine meramente consultivo, conquista sempre maggiori poteri, soprattutto con l’Atto Unico e con il Trattato di Maastricht. La stessa realizzazione dell’Unione monetaria (UEM) non si è raggiunta in modo indolore, ma si dovettero superare diverse diffidenze, come quelle della Gran Bretagna, della Danimarca e della stessa Germania che esitava (comprensibilmente all’epoca, ma con scarsa efficacia profetica) all’idea di abbandonare la moneta più potente d’Europa, il marco.
Nonostante Maastricht sia indubbiamente un passo decisivo verso la dimensione sovranazionale dell’Unione europea, la piena realizzazione del progetto federalista – come l’avevano pensata uomini come Altiero Spinelli – è ancora di là da venire.
Con il Trattato di Amsterdam si sarebbe dovuto completare il progetto europeo di Maastricht: sviluppare, accanto ad una unione monetaria ed economica, una piena unione politica. Ma ancora oggi molte decisioni in campo ambientalistico, di sicurezza sociale, fiscalità, industria devono regolarmente essere prese dopo accettazione all’unanimità da parte di tutti i Paesi.
Molte altre pagine dovranno ancora essere scritte, ad esempio sui diritti del lavoro e sulla giustizia, però già oggi emerge una novità. Le difficoltà nate per quell’imprenditore abituato a premere (o meglio a ricattare) il governo, i ministri e le istituzioni perché fosse periodicamente svalutata la lira per riconquistarsi sui mercati esteri la competitività perduta.
E’ la illusione sulla quale si è cullata grande parte dell’imprenditoria abruzzese, passato da risultati straordinari nell’export, con quote superiori alla media nazionale, ad una fase di vero e proprio crollo di fatturato.
Vale la pena ricordare che la Cgil Abruzzo, aveva denunciato ed illustrato il rischio incombente, ed indicato percorsi virtuosi, quali l’innovazione tecnologica e di sistema, di qualità del prodotto e di internazionalizzazione del sistema delle imprese, alternativi alle attese legate .allo scivolone della lira. Altri pessimisti affermano che ci sarà una svalutazione strisciante; un potere di acquisto che nel giro di un paio d’anni sarà dimezzato.
Che tutto ciò che in Italia costava mille lire, costerà 1 Euro (cioè 2000 delle vecchie lire). Ma dato che questi allarmi giungono dai pessimisti e dei catastrofismi, come siamo stati definiti, nessuno li ascolta, cosicchè la giungla dei prezzi diventa normale, grazie ad un governo di centro-destra, che abbandona la politica dei redditi e dei controlli dei prezzi e delle tariffe.
Ma la spinta europeista prosegue se dal 1° gennaio 2002 , l’ EURO entra in circolazione come unica moneta a corso legale nei 12 Paesi aderenti alla Comunità Europea, mentre il 1 maggio 2004 si aprono le NUOVE SFIDE DELL’EUROPA A 25 Un’Unione europea più ampia, alle prese però con nuovi problemi da definire. Un Primo Maggio che resta nella storia, quello del 2004, perché segna il più grande allargamento della storia dell’Unione e che ne porta i cittadini a quota 470 milioni.
L’altro dato significativo è che l’Unione si allarga ad Est. Per la prima volta l’Europa guarda ad est, superando divisioni e diffidenze ben precedenti a che scendesse quella Cortina di Ferro che per oltre mezzo secolo ha diviso il mondo.
Sta proprio in questo punto la novità di quanto avvenuto il Primo Maggio scorso. Un’Europa più larga e più forte che apre a nuovi cittadini la prospettiva di quel benessere che da sempre contraddistingue l’occidente. E’ sta proprio in questa gestione del benessere la prima questione delicata di questa fase politica.
Come coniugare questa situazione? A questo si aggiunge che l’entrata di nuovi stati imporrà una nuova distribuzione delle quote degli aiuti comunitari, soprattutto in materia agricola. A grandi linee è facile prevedere che parte delle risorse fino ad ora destinate alle aree depresse di Spagna e Italia verranno dirottate sulla Polonia.
Come far sì che questo avvenga senza troppi sconquassi e senza che ne traggano vantaggio i movimenti xenofobi in occidenti (all’insegna del “I nuovi partner ci impoveriscono”) e quelli antieuropeisti in oriente (con lo slogan “I nostri sacrifici per aderire alla Ue non sono stati ripagati”)? I quesiti sono sul tavolo, la risposta ancora no.
Risposta che deve arrivare dalla politica, una politica che deve essere capace di calmierare e equilibrare le richieste e le risorse in modo da non creare troppe disillusioni tra le nazioni. Ma perché questo avvenga è necessario che si risolva il vero problema rimasto insoluto: dotare l’Unione europea di un forte e funzionale assetto istituzionale, andando oltre la Costituzione europea.
Sono prevalsi gli interessi di alcuni stati, è andato in scena quello che Giuliano Amato ha efficacemente chiamato “Il gioco dei mercanti”, ossia al tavolo delle trattative, sempre secondo Amato “è mancata l’Europa”.
Un’impasse da superare al più presto per dotare l’Europa di quegli strumenti politici per far sì che l’allargamento sia il più vantaggiosa possibile per tutti, vecchi e nuovi stati che siano. Un obiettivo che è puramente politico: ossia la necessità per le istituzioni politiche europee (Governi nazionali, istituzioni comunitari e partiti politici) di dimostrare quella capacità di sintesi e di bilanciamento dell’interesse generale con quello delle singole nazioni. Una possibilità che è a portata di mano a condizione che ci sia la volontà politica.
Solo così, utilizzando un’espressione abusata, ma sempre valida, l’Europa smetterà di essere un gigante economico e un nano politico e potrà affrontare gli altri allargamenti che si prospettano già a partire dai prossimi anni con Romania, Bulgaria e Croazia già in lista d’attesa per entrare nell’Unione. Europa “dei popoli”, “delle nazioni”, Europa “cristiana”, Europa “culla del capitalismo”, Europa come “mercato”, ma anche come “culla del marxismo”, Europa – infine – “come presupposto per la fine di tutte le guerre”.
Questo continente fisico e dello spirito ha generato un sistema filosofico dove l’uomo ha potuto innalzarsi sulla barbarie e proclamare l’intangibilità di alcuni diritti che in altre parti del mondo, ancora oggi, non sono considerati fondamentali.
Allo stesso tempo, l’Europa è stata la culla del totalitarismo, il teatro sanguinoso dove quei famosi diritti sono stati non solo calpestati, ma negati alla radice, eliminati da alienanti prospettive storiche millenaristiche.Il principio della democrazia nasce migliaia di anni fa in Grecia, nell’Atene di Pericle. Il principio del diritto e del bene pubblico (res publica) fiorisce a Roma.
Questi concetti si evolvono nei secoli a venire e subiscono nuovi impulsi nel Rinascimento, nel secolo dei Lumi e nel secolo scorso. Principi come la libertà individuale e l’uguaglianza fioriscono dalla fine del ‘700 in poi ( 1789 Rivoluzione francese). All’inizio del nostro secolo, questi antichi valori hanno dovuto lottare per sopravvivere. Il concetto che forse meglio identifica l’essere europeo è il concetto che “l’uomo è la misura di ogni cosa” (Protagora).
Da questo concetto nasce il principio del diritto umano, della democrazia e della libertà. Il primato dell’individuo – del suo diritto a realizzarsi, a ricercare il proprio benessere e felicità – è da considerarsi l’elemento base della civiltà europea.
Per noi il primo compito è quello di dotarci di politiche e strumenti, per partecipare e sospingere lo sviluppo, la crescita del benessere, ma anche la difesa dei diritti del lavoro e dei lavoratori, diritti individuali e collettivi, consapevoli dell’importanza che assume un sindacato europeo all’altezza della nuova sfida.
Pescara 22 Maggio 2007
Franco Leone
Segretario generale CGIL Abruzzo