Una cultura non aperta, e magari poco curiosa, tipica dei salotti del meglio la polvere messa sotto il tappeto, è facile che alberghi il cultore dello scritto reticente. Una pratica che compare e si ripete, anche nel racconto presente sul sito ufficiale della Cgil. Se si capita casualmente alla pagina proposta dal link: “La nascita della CGdL (1906)” trovi citato il riformista Rinaldo Rigola (nato a Biella il 2 Febbraio 1868 morto a Milano il 10 Gennaio 1954) che una volta costituita la Confederazione Generale del Lavoro (CGdL) al primo Congresso di Milano del 29 settembre – 1° ottobre 1906 ne divenne il primo Segretario generale. Nella citata pagina viene descritto un suo percorso, cioè <<già in precedenza a capo del Segretariato Centrale della Resistenza, la struttura costituita nel 1902 con l’obiettivo di trovare la sintesi politica tra le spinte radicali dei rivoluzionari, che guidavano gran parte delle Camere del Lavoro, e le posizioni moderate dei riformisti, a capo delle principali Federazioni di mestiere e industriali>>. Dunque del fondatore della CGIL è possibile leggere, di seguito, solo questa sintesi, timidissima ed imbarazzata, rispetto ad un socialista, che capeggiava l’ala riformista, una figura, all’epoca eminente, di sindacalista e politico italiano. Ripeto che stiamo parlando del primo segretario generale della Confederazione Generale del Lavoro (CGdL), dal 1906 al 1918, poi fondatore durante il regime fascista dell’Associazione Nazionale Studi – Problemi del Lavoro un centro studi politico-culturale di estrazione sindacalista socialista che finirà per appoggiare parte della politica sociale del corporativismo fascista, dati i progressi in materia di giustizia sociale che la Carta del Lavoro del 1927 sembrò attuare. Quindi quel Rigola, figlio di un tintore tessile e di una stiratrice, a soli 16 inizia come operaio a lavorare:
- si iscrisse giovanissimo al Partito Socialista Italiano, per essere eletto primo deputato operaio ( 1900 nel collegio di Biella);
- fondatore del foglio socialista Corriere Biellese e nel 1906 della CGdL –Confederazione Generale del Lavoro, di cui fu Segretario Generale fino al 1918.
per avere voluto seguire una idea “utopica” (una ipotesi che la storia rivelerà sbagliata) che era quella di inserire nel nascente corporativismo fascista concetti avanzati di giustizia sociale nel lavoro, viene abiurato o raccontato come un peccatore da nascondere. Era cieco per un infortunio sul lavoro, ma riuscì a guidare la CGdL dalla sua nascita fino alla fine della prima guerra mondiale, lavorando per renderla autonoma ed indipendente dal PSI, mentre nel 1922 diede vita con Turati e Treves al Partito Socialista Unitario combattendo il fascismo. L’aver percorsa la strada “irta”, dopo lo scioglimento della CGdL, nel 1926, della fondazione della Associazione partecipando, in materia di lavoro, alle tematiche del regime fascista, provocarono la sua emarginazione, portandolo al ritiro dall’impegno politico. Eppure l’Associazione attraverso il suo Organo Ufficiale la rivista Problemi del Lavoro seppure appoggiò parzialmente la politica sociale del corporativismo fascista, (compreso il fatto che al suo interno non mancarono voci critiche) venne sciolta nel 1941 per “attività politica contraria alle direttive del regime”. Vicende che dovrebbero porre interrogativi, magari controverse e senza “ombre”, ma al contrario approfondimenti e conoscenze. Questo deve avvenire, quando le informazioni appartengono alla storia e non alla cronaca, quindi non è necessario nascondere fatti, opinioni e vicende come fossero peccati. La pagina della Cgil, citata poteva cogliere l’occasione di narrare con maggiore trasparenza il ruolo del suo fondatore, nel processo politico e sindacale. Anche qui occasione persa.