Cari compagni e care compagne il Comitato Direttivo della CGIL del 27 e 28 settembre 1999 ha proposto l’apertura, sull’insieme dei temi contenuti nel Documento approvato a maggioranza, di un’ampia discussione, innanzitutto all’interno degli organismi dirigenti ai vari livelli. In Abruzzo abbiamo concordato su questo percorso decidendo l’avvio di una campagna di discussione e d’informazione che ha già riguardato tutte le strutture confederali territoriali CGIL con all’ordine del giorno l’Esame e valutazione del confronto in atto con il Governo sulle politiche economiche e finanziarie. Al termine di questa ampia discussione, all’interno della quale l’attivo di oggi rappresenta una tappa ulteriore, raccoglieremo le idee e ne discuteremo in un’apposita riunione del Comitato Direttivo della Cgil Abruzzo, già prevista, con lo stesso punto all’ordine del giorno. Il Direttivo regionale della CGIL Abruzzo aveva già apprezzato il valore delle prime scelte contenute nella finanziaria proposta. Soprattutto, giova ricordarlo, il suo forte discostamento e la sua differenza dall’impostazione del Documento Programmatico Economico e Finanziario (DPEF). A luglio, come ha ricordato Guglielmo Epifani in un intervento svolto al Comitato Direttivo, giudicammo con molta severità e durezza gli orientamenti che erano in campo. Orientamenti non astratti, ma orientamenti formali del governo che componevano uno schema di Documento di programmazione economica e finanziaria. La nostra ferma opposizione, al limite della rottura con il Governo e con il suo premier D’Alema, su alcuni argomenti di merito ha prodotto cambiamenti nella dialettica politica e nei comportamenti del governo. Un documento che oggi si traduce diversamente nel testo della Finanziaria approvata dal Senato, grazie alla nostra autonoma, e per molti aspetti solitaria, iniziativa. Un testo che:. tiene conto delle nostre proposte, accogliendo la richiesta di maggiore equilibrio nel rapporto tra politiche di tagli alla spesa e politiche di entrata; infatti i circa 15.000 miliardi dell’attuale manovra si compongono di 11.000 miliardi di razionalizzazione della spesa e di 4.000 miliardi di entrate che deriveranno dai proventi della vendita del patrimonio pubblico immobiliare e non da aumenti delle tasse;
. conferma l’abbandono dell’idea, da noi osteggiata, di fare operazioni di recupero di cassa attraverso l’intervento sulle pensioni, (fatta eccezione per un contributo di solidarietà per le pensioni altissime) e la contrazione della spesa sociale. Il contributo di solidarietà che molti definiscono non importante, non significativo, ma solo una misura simbolica. È vero, ci era già noto, ma anche i simboli contano, soprattutto quando vanno a finanziare fondi di soggetti meno protetti e quando danno una risposta alla nostra gente arrabbiata di fronte ad assurdi privilegi. Qualche volta è meglio iniziare dare un percorso, un’indicazione di cambiamento a favore dei più deboli. . prevede una restituzione fiscale nel prossimo anno a fronte delle maggiori entrate derivanti dall’intensificarsi della lotta all’evasione fiscale confermando la sostanza degli accordi del Patto sociale per lo sviluppo e l’occupazione. Quest’ultimo è un capitolo importante, ci troviamo di fronte ad una riduzione non episodica, ma strutturale della pressione fiscale soprattutto per i redditi più bassi. La manovra fiscale produce, quindi, concretamente una novità assoluta rispetto alle manovre finanziarie degli anni precedenti, fatte solo di sacrifici a carico dei soliti noti. La Finanziaria per il 2.000 prevede una riduzione di tasse di 10.300 miliardi che ammonteranno nel prossimo quadriennio a circa 45.000 miliardi. Un importante Alleggerimento Fiscale che si espliciterà nella riduzione di un punto percentuale dell’aliquota del 27 per cento, per le fasce di reddito comprese tra i 15 e i 30 milioni annui. Stiamo parlando della gran parte dei pensionati e dai lavoratori, per molti di essi agirà una riduzione concreta della pressione fiscale fino a 150.000 lire annue. Di questa misura beneficeranno, inoltre, anche i soggetti con redditi superiori ai 30 milioni, per la quota parte – da 15 a 30 milioni – tassata al 27 per cento. Nell’area dei redditi inferiori a 15 milioni, la finanziaria prevede un ulteriore aumento della detrazione per i redditi da lavoro dipendente di 70.000 lire, per quelli fino a 9.100.000 lire e 50.000 lire fino a 15.900.000 lire. Uno scaglione che vede la massima concentrazione di pensionati. La Finanziaria, votata al Senato, così come preannunciato nel Comitato Direttivo della Cgil, ha confermato la linea degli sgravi alle famiglie, per un’operazione pari a circa 6.000 miliardi, la riduzione degli oneri contributivi per l’indennità di maternità, la rivalutazione del fondo sanitario nazionale e le risorse per la legge sull’assistenza sociale e gli asili nido, la conferma degli stanziamenti per il masterplan, rappresentano una risposta positiva alle nostre richieste. Mentre si è conclusa positivamente la discussione, che era ancora aperta anche durante lo svolgimento del nostro ultimo Comitato Direttivo regionale, sulla misura dello stanziamento necessario al rinnovo dei contratti e la contrattazione integrativa nel pubblico impiego.Il documento distribuito questa mattina reca inoltre ulteriori notizie sulle modalità della restituzione fiscale alle famiglie e delle detrazioni in favore delle famiglie a più basso reddito, dei pensionati, dei lavoratori parasubordinati e discontinui e delle detrazioni in favore dei servizi sociali. Le novità contenute nel testo licenziato dal Senato, sono indubbie. Ripeto: per la prima volta la Finanziaria non solo non interviene sugli interessi che rappresentiamo, chiedendo piccoli o grandi sacrifici, ma ha messo a disposizione risorse per risolvere alcune delle nostre esigenze che si erano ormai storicizzate. Con la Manifestazione di Sabato 20 Novembre, D’Antoni con la Cisl, nega il raggiungimento di questi obiettivi. Li considera insufficienti, dimenticando gli anni, passati vanamente insieme per chiedere una riduzione della pressione fiscale su di noi, non sulle imprese. Ora che ci siamo la Cisl, per ragioni incomprensibili, lo nega. Ritengo, però, che tutto questo non appartiene a qualche forma di autolesionismo o ad una clamorosa incomprensione delle misure previste nella Finanziaria. C’è qualcosa di più che si colloca al di là di un recinto sindacale, per giungere ad una sfera che appartiene ad opzioni politiche di valore strategico.In quale modo diverso è possibile valutare quando è accaduto recentemente a Bologna, dopo l’accordo di Milano ed altri accordi che non cito per brevità ? Il 10 novembre 99′ la Cisl di Bologna ha deciso di firmare un accordo separato con la Giunta comunale, con la quale condivide la scelta di introdurre l’addizionale Irpef del 2 per mille per affrontare la manovra di bilancio del 2000.Una decisione incomprensibile, anche perché le premesse erano ben altre: nel mese di settembre, infatti, Cgil, Cisl, Uil di Bologna avevano presentato una prima piattaforma unitaria, che riguardava i 50 comuni bolognesi, con al primo punto l’esclusione dell’utilizzo dell’addizionale Irpef, anche in considerazione del fatto che la situazione finanziaria, in quella realtà, si presenta migliore rispetto agli anni precedenti; successivamente i sindacati hanno presentato un’altra proposta unitaria a fronte delle cifre fornite dal Comune. E’ inoltre difficile non rilevare una contraddizione fra questa decisione della Cisl di Bologna e quella nazionale di organizzare una manifestazione contro la finanziaria, perché, quest’ultima, prevede una riduzione Irpef troppo esigua. L’accordo separato a Bologna è politicamente grave, forse più degli altri, a mio avviso, è denota una pervicace volontà di divisione del sindacato. La stessa volontà deve essere letta nel rifiuto netto dato all’apertura di una verifica congiunta sui problemi previdenziali e all’avvio di una discussione organica sul completamento della riforma del welfare, come occasione per fare il bilancio dei nuovi strumenti di politica sociale, della loro efficacia, del loro completamento, del loro finanziamento di fronte a trasformazioni sempre più evidenti nel mercato del lavoro e nelle dinamiche demografiche. Il Documento del Comitato Direttivo della CGIL ha esplicitato l’obiettivo da raggiungere: un sistema di Stato Sociale in grado di rispondere ai nuovi bisogni, di accompagnare donne e uomini nel percorso lavorativo e di garantire a tutti un reddito dignitoso nell’età anziana. A questo scopo andrà finalizzata la riforma degli ammortizzatori sociali e un loro adeguato finanziamento, l’uso di processi formativi nonché un sistema previdenziale sempre più equo, completando quegli aspetti della riforma Dini non ancora attuati (contributi figurativi, rafforzamento della normativa dei lavori usuranti, previdenza integrativa per tutti). Per quei lavoratori che hanno occupazioni discontinue e precarie, o contratti di tipo parasubordinato va potenziato il sistema di calcolo della contribuzione figurativa, resa possibile e poco costosa la riunificazione dei contributi versati, facilitata l’adesione ai fondi integrativi. Altrettanto decisiva e urgente è la generalizzazione dei fondi integrativi tutt’ora possibili solo per una minoranza del mondo del lavoro. Ogni ritardo nell’apertura di questi strumenti finisce per pesare in maniera irreversibile nella definizione della futura pensione dei più giovani. Anche per questa ragione l’uso, indicato dalla CGIL, del TFR finalizzato alla previdenza integrativa diventa uno strumento necessario. Il riordino dei regolamenti dei fondi, che si rende per questo indispensabile, dovrà anche affrontare il tema del differenziale di prestazioni previdenziali tra uomini e donne. Credo che questi siano poi gli elementi fondamentali della nostra iniziativa dei prossimi giorni e delle prossime settimane. Nella discussione che faremo sullo Stato sociale devono esserci tutti i contenuti e tutti i capitoli che compongono la protezione, senza pensare ad interventi spezzettati.Compreso il capitolo che riguarda i contenuti e le dinamiche della spesa previdenziale, consapevoli del fatto che eventuali, forse un po’ di più di eventuali, interventi sul sistema previdenziale devono essere fatti nel 2001, per le ragioni che abbiamo, insieme, più volte esplicitato. Nessuno ha mai proposto l’ipotesi di un intervento anticipato rispetto al momento nel quale un’eventuale distorsione deve essere corretta. Abbiamo deciso di proporre l’anticipo di una riflessione tra noi, su come correggere la distorsione, alla luce di quello che ai più appare un problema ineludibile e non risolvibile dal normale andamento della crescita del prodotto interno lordo nei prossimi anni. Programmare per tempo i nostri interventi, per evitare quello che ci ha sempre penalizzato: la logica dell’emergenza e dei due tempi. Nel primo tempo i sacrifici, per un obiettivo collettivo e generale, poi l’arbitro non fischia mai per il calcio d’inizio del secondo tempo e senza che la partita venga mai sospesa.Questo ragionamento vale sempre, tutti sappiamo che non si arriva ad un appuntamenti importante senza un’idea una proposta. Devono essere studiate le necessarie compensazioni, per i lavoratori più esposti, comprendere quali situazioni si creano con il passaggio al metodo di calcolo contributivo pro-rata, anche per chi nel ’95 aveva più di 18 anni di contributi, per rendere equa la proposta che la CGIL mette in campo per risolvere, nel 2001, il problema della cosiddetta “gobba” una volta valutata l’entità. Siamo d’accordo con Larizza è necessario anticipare la verifica su questo aspetto. Il confronto unitario che seguirà potrà avere tutte le più larghe possibilità di correggere la nostra proposta, una volta assodato che saranno i lavoratori, alla fine, ad avere la legittima ed ultima parola di dissenso o di consenso. L’occasione data dalla presenza del compagno Epifani ci consente di approfondire una questione posta da lui. La stragrande maggioranza dei lavoratori, quelli che oggi lavorano, ha ormai il sistema contributivo: otto milioni su undici milioni. Una grande parte del mondo del lavoro, quindi, non è interessata ad un’ipotesi d’intervento o ad un sistema che già vive. Con questo dichiaro, contrariamente a quando insinuato in un nostro precedente Comitato direttivo, che non ignoro i problemi e le difficoltà che riguardano i tre milioni restanti, tra l’altro ne faccio parte anche io e non ritengo di essere un autolesionista. Dovremo trovare, nel corso del nostro approfondimento, tutte le forme di tutela per quelli che nel 2001 saranno due milioni e mezzo. Ma se vogliamo essere gruppo dirigente se vogliamo rappresentare tutti, compresi i giovani e coloro che non godono di un sistema forte di protezione dobbiamo ragionare anche delle loro difficoltà, pena il rischio, che gli stessi, cerchino percorsi diversi per organizzare risposte concrete ai loro problemi. Se questi sono i temi e le preoccupazioni, non dobbiamo abbandonare la discussione di merito. La Manifestazione del 20 Novembre della Cisl rende i rapporti sempre più tesi tra di noi. Ma questo non deve farci abbandonare un obiettivo da noi considerato vitale. Il non abbandono, l’accentuazione della voglia di perseguire l’unità deve essere forte tra di noi, ma poi bisogna anche definire le regole, le procedure, gli strumenti per praticarla. Le opinioni diverse sono una ricchezza, ma non devono tradursi in comportamenti diversi al punto da non vedere i cambiamenti. Sono consapevole che la volontà è importante, ma forse non basta, occorre cercare l’itinerario che porta all’unità e riprendere il cammino. Un buon viatico per l’unità sindacale, potrebbe essere la Legge sulla Rappresentanza, ma anche su questo tema non c’è molta assonanza di vedute. Eppure la necessità di smontare la mistificazione, contenuta nei referendum proposti dai radicali, richiederebbe una iniziativa forte e meditata. Troppo forti sono i contenuti e le questioni sollevate nel corpo dei referendum. È letteralmente abominevole il tentativo di affermare un falso, dannoso per gli interessi collettivi del paese e della gente, quando spacciano la cancellazione di diritti come un’aggiunta di libertà. Dobbiamo, proporre a CISL ed UIL, di organizzare una campagna capace di convincere gli italiani, e quindi gli elettori, che questi non sono referendum contro di noi, contro i sindacati, ma contro i cittadini, contro le persone più deboli ed esposte. La cancellazione di diritti fondamentali non aumenta il grado di libertà ma consegna ai più forti l’arbitrio di colpire i più deboli, resi inermi dall’inesistenza di ogni tutela. Dobbiamo saper dimostrare agli elettori gli effetti materiali devastanti di quei referendum. Pannella e la Bonino, fanno riferimento alla legislazione degli Stati Uniti, però dimenticano che nella stessa ci sono anche riferimenti espliciti alla separazione tra attività d’informazione e attività politica. Si preferisce la via del massacro dei diritti dei più deboli, si preferisce rinviare la tutela collettiva alle assicurazioni private dimenticando che il nostro è uno dei paesi con il più alto indice di infortuni sul lavoro. Per questi motivi ritengo che il documento approvato dal Comitato Direttivo sia una buona base, per tutti noi, di discussione e di verifica della nostra rappresentanza e rappresentatività di interessi generali, dove gli interessi specifici vengono compresi in un disegno generale. La questione previdenziale è un tassello di questo ragionamento, che guarda anche a coloro che si rivolgono a noi come soggetto politico del cambiamento e del rinnovamento del paese. In conclusione, sempre a proposito della nostra strategia di tutela dei settori marginali e deboli della società e dei soggetti non inclusi nel mercato del lavoro, segnalo la possibilità offerta dal testo della Finanziaria approvato dal Senato, per la costruzione della terza gamba dell’intervento sul Mercato del lavoro. La prima è data dalle Linee di programmazione per il 1999, delle politiche regionali di sostegno all’occupazione dei soggetti più deboli in condizione di svantaggio sociale, negli adulti disoccupati, nelle donne e nei giovani, già approvate e deliberate dalla regione Abruzzo. La seconda è in itinere con la convocazione del tavolo di concertazione per la realizzazione di politiche di stabilizzazione dei lavoratori in LSU. La terza, offerta dalla Finanziaria, con il reinserimento dell’Abruzzo e del Molise nelle Aree depresse del mezzogiorno, nonostante la loro esclusione dall’intervento straordinario dell’Ob.1. Mi riferisco alla possibilità di organizzare un forte intervento della Cgil Abruzzo, in questo settore particolare segmento del Mercato del lavoro, con un Progetto straordinario Confederazione Categorie interessate, con uomini, risorse e mezzi, della durata di almeno sette mesi, tempo di durata e di proroga dell’intervento legislativo previsto. |