L’Abruzzo laboratorio per un rinnovato patto sociale. I giuochi di economia virtuali e i calcoli sofisticati sui flussi finanziari , sono i cardini del fallimento della ricerca di soluzioni  all’attuale grave  crisi economica. Una crisi  che ha le sue radici in decenni di capitalismo finanziario,  contrassegnati da stagioni inedite di strumenti finanziari che avrebbero dovuto, bontà loro, creare ricchezza. Il perseguimento del miraggio del benessere, attraverso questa strada, è stata fuorviante rispetto alla nostra più comune conoscenza sul valore del lavoro e  della qualità produttiva che hanno sempre mossa l’azione della coscienza collettiva e della nostra gente. La novità assoluta è anche introdotta dai  suicidi sempre più frequenti di imprenditori, non speculatori,  che si assommano alla nostra conoscenza del dolore della povertà  e della mancanza del lavoro.  Una situazione che riporta nella nostra memoria, il codice genetico della nascita del sindacato, e della Cgil in particolare, fondata da lavoratori e lavoratori autonomi. Oggi si affacciano  figure di imprenditori, artigiani e commercianti che,  quando non sono  speculatori, in quelle loro imprese non ci mettono  solo capitali e macchinari, ma anche  anima, cuore,  storia,  identità individuale e sociale. Tutto questo rimescolamento, avviene in presenza di un “capitalismo riottoso”  che, come efficacemente descritto da Luciano LAMA, quando esprimeva  il suo pensiero sul “Patto tra i produttori”, in antitesi alleTeorie del Lingotto “…ci si unisce nella difesa del primato del profitto, ma tra chi produce, chi distribuisce e chi finanzia c’è un conflitto latente di interessi, perché il proprio profitto ciascuno cerca di ottenerlo anche a spese dell’altro, oltre di chi lavora e di chi consuma”.   In concreto in un sistema economico in così rapida trasformazione in cui saltano i tradizionali equilibri nel sistema impresa ( vedi contenzioso Fiat Confindustria), finanza e servizi, c’è bisogno di più  Stato, e di più società nello Stato.  Sono questi i motivi  che convincono, sull’utilità del superamento, come nel caso abruzzese, di un’idea di Patto per lo sviluppo, che non riesce a piegare i modelli di comportamento del Governo regionale, per addivenire ad  una nuova alleanza fra impresa, sindacati, politica, società civile, famiglie, che premi il lavoro, gli imprenditori e penalizzi gli speculatori     ( malattia vera dalle parti nostre, aggravata da un sistema latente di illegalità nei rapporti istituzioni-imprese)  da questa crisi non usciremo mai o ne usciremo peggiori. Nessuno si scandalizzi. Lo abbiamo fatto tante altre volte, nel passato (resistenza) ed in periodi più recenti ( lotta al terrorismo).  L’Abruzzo, funestato da continui  eventi inerenti alla legalità del suo sistema istituzionale, nel campo della erogazione dei servizi e dell’indirizzo nell’uso delle risorse, deve liberarsi ed uscire da questa trappola di povertà sociale ed economica nella quale siamo caduti, rilanciando una nuova stagione di virtù civili e un nuovo patto, per generare la “piccionaia” luogo della  creatività e della collaborazione per  la crescita economica. In una fase politica caratterizzata dal mancato rispetto dei contenuti della costituzione materiale che, giunge in Abruzzo, a forme di dispregio di quando scritto nello Statuto regionale, in materia di partecipazione e concertazione, è necessario trovare forme politiche moderne di relazioni tra corpi intermedi sociali. Interrogarsi  sul perché, e non solo nei periodi di grave crisi economica, negli ultimi venti anni  la quota del reddito prodotto destinato ai produttori ed al lavoro (salari) è diminuito molto rispetto alla quota andata alle rendite finanziarie e alle rendite in generale e se la povertà relativa aumenta, in Abruzzo come in Italia, questa riguarda  soprattutto quella delle famiglie giovani, è facile capire che i consumi ne risentono seriamente, e con essi la crescita della regione. Un laboratorio abruzzese, utile anche per il sistema paese, per affermare l’idea che oggi, in una società post-moderna e frammentata, dove  servizi e diritti di base sono sempre meno garantiti a tutti, e invece occorre iniziare ad affermare con forza che anche i diritti sociali ed economici debbono diventare presto diritti, universali e trasversali, tra i soggetti produttori,  i  nuovi poveri, gli immigrati, i vecchi non autosufficienti senza rete famigliare, alle famiglie giovani con bambini: basterebbe solo il tema degli asili nido municipali e le enormi differenze tra le diverse regioni del Paese (che si riflette anche sulle opportunità di lavoro e di carriera delle giovani madri, ancora molto svantaggiate in Abruzzo).   E senza questo aumento della uguaglianza sostanziale tra i cittadini la crescita non può riprendere, perché manca non solo la domanda di beni di consumo, ma non si afferma la forza partecipativa dei giovani, senza dei quali nessun Paese è mai cresciuto.

MERCOLEDÌ 18 GENNAIO 2012

 

Di Franco Leone

ex Segretario Generale della Cgil Abruzzo - ex Seg. Generale Cgil Pescara e dello Spi Regionale.