CGIL, CISL, UIL Abruzzo hanno proclamato lo sciopero generale regionale per il 13 febbraio 2004, preceduto da sei manifestazioni territoriali e da assemblee nei luoghi di lavoro, per sostenere le proposte e le rivendicazioni del sindacato abruzzese sui temi cruciali dello sviluppo, dello stato sociale regionale e del mercato del lavoro.
L’Abruzzo perde terreno, si indeboliscono quei processi di crescita che lo avevano portato a recuperare lo svantaggio rispetto ad altre aree più ricche del paese.
Non è più da tempo in una situazione di crescita. La stessa tenuta del tessuto economico-produttivo-sociale non viene assicurata.
L’esame del profilo economico e sociale della regione presenta più ombre che luci con segnali inequivocabili di declino e di regresso in molti settori produttivi. Siamo in presenza di una perdita secca di capacità competitiva che rischia di compromettere gli effetti positivi prodotti nei decenni passati.
I più recenti studi, tra i quali quello della Fondazione Siemens-Ambrosetti, ci presentano un Abruzzo ormai poco competitivo, non appetibile ad investitori esterni a causa della inefficienza e della lungaggine della Pubblica Amministrazione, per l’insufficiente ed inadeguato sistema di infrastrutture, scarsa ricerca, limitata innovazione tecnologica e inadatta offerta qualificata e professionale del mercato del lavoro.
Le difficoltà di crescita della regione, la perdita di produzione industriale, il contenimento delle esportazioni, la contrazione del volume delle vendite, l’aumento dei debiti delle famiglie per le necessità di consumo vengono ulteriormente aggravati dalla problematica congiuntura economica nazionale ed internazionale.
La Giunta Regionale esalta perennemente una propria lettura rosea della situazione abruzzese contraddicendo i risultati di importanti indicatori economici che rilevano affanno, regresso del PIL pro capite, condizioni di disagio sociale, crescita di nuove povertà, crescita del lavoro precario non contrattualizzato.
I dati occupazionali, apparentemente rassicuranti del sistema ISTAT, ormai poco affidabile, che assegna all’Abruzzo il 6% di disoccupazione, si scontrano con i 186.000 aspiranti al lavoro iscritti nei centri per l’impiego, di cui 60.000 in cerca di prima occupazione.
100.000 di questi aspirano ad un posto da impiegato, un fenomeno che evidenzia sempre più la necessità di modificare i sistemi di qualificazione professionale.
Le risorse messe a disposizione dall’Europa pari a 400 milioni di euro fino al 2006 sono ingenti, ma anche ultime opportunità per qualificare il mercato professionale.
Si accentuano, nel contesto del disagio occupazionale, situazioni di nuove povertà: 6.000 famiglie risultano totalmente prive di occupati, mentre i lavori emergenti di collaborazione coordinata e continuativa producono condizioni di rapporto irregolare ed esigui redditi, pari al 50% della media dei redditi del nostro Paese.
Profondi disagi economici permangono anche nell’economia delle pensioni dove con un importo medio 6.787,00 euro annui, i pensionati d’Abruzzo vengono collocati al 18° posto tra le 20 regioni d’Italia. Pensioni povere per migliaia di persone già in condizioni di difficoltà che vedono aggravata la loro situazione di vita per la mancanza di efficienti servizi sociali e sanitari.
L’Abruzzo ha bisogno di imprimere all’economia e alla società una nuova spinta volta allo sviluppo e alla ripresa del processo di crescita che lo colleghi alle realtà regionali più avanzate del Centro Italia.
E’ necessario che il Governo abruzzese, nell’impiego delle risorse finanziarie proprie e comunitarie, avvii un’azione forte di indirizzo, programmazione, selezione degli obiettivi, attuazione dei progetti, verifica dei risultati in una logica di concertazione e partenariato delle componenti istituzionali, imprenditoriali, sociali ed economiche, non affidando semplicemente il destino dell’economia alle iniziative spontanee delle forze produttive private.
Negli ultimi tempi, gli interventi programmatori e direzionali della Giunta si sono ulteriormente diradati, creando un vuoto di governo politico preoccupante.
Nel rapporto con le parti sociali, la politica concertativa a più voci, il cui ruolo di coordinamento è stato affidato al Governo regionale, non ha funzionato. Spesso si è manifestata come uno scambio di opinioni, di informazioni e non ha prodotto l’instaurarsi di rapporti di partenariato sulle scelte condivise e le strategie più volte considerate, specie per l’attivazione di un nuovo mercato del lavoro ed in particolare per individuare i criteri per favorire l’incontro fra domanda e offerta e contrastare la disoccupazione di lunga durata.
La debolezza della concertazione dipende anche dallo scarso impegno delle associazioni imprenditoriali, più orientate ad esercitare una pressione di tipo lobbistico che a impegnarsi come soggetto politico in uno schema di relazioni industriali triangolari.
Le controparti imprenditoriali diventano, quindi, anch’esse bersaglio della mobilitazione sindacale che culminerà con lo sciopero del 13 febbraio.
I dati forniti dai principali indicatori economici rilevano che, mentre il valore aggiunto per addetto, costo del lavoro, retribuzione lorda e investimenti per addetto delle imprese abruzzesi dell’industria manifatturiera e dei servizi sono tutti inferiori all’andamento nazionale, i profitti superano il 2,7% della media nazionale.
Con lo Sciopero richiamiamo il mondo imprenditoriale abruzzese affinché assuma l’impegno di un riavvio di relazioni sindacali propositive e costruttive e manifesti una chiara volontà orientata a ridare slancio allo sviluppo economico, sociale e produttivo.
A partire da queste premesse si snodano l’analisi, la proposta e la protesta delle OO.SS. abruzzesi che chiedono una netta inversione di tendenza e maggiore incisività politica, amministrativa e legislativa sui seguenti punti:
Revisione della macchina burocratica regionale. Le riforme istituzionali, il federalismo, la privatizzazione del rapporto di lavoro dei dipendenti non hanno ancora trovato una risposta adeguata nella Regione e negli altri Enti pubblici locali. Manca al Governo regionale chiarezza e volontà per sburocratizzare i servizi, decentrare funzioni agli Enti locali, riorganizzare gli uffici in base alle competenze vecchie e nuove dell’Ente, professionalizzare le strutture, sia aprendo all’assunzione di nuove professionalità, sia riqualificando il personale in servizio.
E’ urgente:
- aggiornare la Legge 77 di organizzazione in direzione di una rideterminazione degli uffici, acquisizione di professionalità adeguate alle nuove funzioni e poteri della Regione, riqualificazione del personale con passaggio alla categoria superiore, previa selezione, di una parte consistente di esso che già svolge funzioni superiori o possiede professionalità più elevate della categoria di appartenenza.
- Attuare gli accordi per il reinquadramento alla categoria superiore del personale in mobilità alle Province in seguito alle deleghe.
- Acquisire una contrattazione e concertazione più adeguate e serie e non sporadiche e di basso profilo come le attuali.
Il bilancio regionale avrebbe dovuto assumere una dimensione regionalistica attuativa del decentramento fiscale e del nuovo federalismo, contemplando le scelte politiche delle entrate e delle uscite collegandole ai piani di settore: trasporto, industria, energia, ambiente, rifiuti solidi urbani, politiche attive del lavoro e della formazione, ristrutturazione dei servizi della regione, riequilibrio delle zone interne ed in particolare piano sanitario da integrare con il sociale.
Resta un bilancio senza anima politica, fotocopia degli anni precedenti, statico ed ingessato da non consentire il recupero delle somme non spese utilizzando il sistema di trasferimento da un capitolo all’altro secondo le necessità e le opportunità, a rischio di dissesto finanziario che per la quarta volta non trova consenso di maggioranza e procura l’esercizio provvisorio con problematiche per le politiche di investimento e di sviluppo.
Fondi strutturali. Un ciclo di investimenti pubblici che cesserà con il 2006, anno che vedrà una riduzione sostanziale di risorse europee destinate all’Abruzzo.
Perderemo l’occasione che oggi ci viene offerta, ma che non viene utilizzata, di colmare il divario economico e produttivo che ancora oggi vede le aree interne regionali in ritardo di sviluppo.
La Giunta vanta costantemente la possibilità di ottenere la riserva premiale centrando gli obiettivi preposti, ma trascura di prendere atto che gli investimenti pubblici impegnati e spesi rappresentano una quota al di sotto di un quarto della quantità disponibile.
L’idea di una maggiore capacità progettuale e capacità di spesa è rimasta sulla carta, nonostante la conclamata cabina di regia.
Sviluppo delle zone interne e riequilibrio territoriale. La scelta del riequilibrio territoriale deve essere perseguita non solo portando a compimento una efficace rizonizzazione, ex articolo 87.3.c del Trattato di Amsterdam, ma attivando nuovi Patti Territoriali, oggi di competenza esclusiva della regione e rivendicando nei confronti del Governo centrale Contratti di programma nei confronti dei poli produttivi e innovativi abruzzesi che oggi manifestano segni di crisi.
Lo strumento finanziario dovrà prevedere, sui diversi capitoli di spesa e nelle leggi di settore, quote di agevolazioni e incentivi significativi a favore delle zone interne accompagnando il trasferimento di risorse con un’azione di razionale programmazione e progettazione.
Sanità.
Sui conti di bilancio della Regione Abruzzo grava una spesa annua sanitaria di 1.700 milioni di euro, pari al 75% delle risorse regionali disponibili.
Il deficit complessivo si aggira dal 1998 a oggi sui 750 milioni di euro con una previsione di ulteriore aumento di deficit giornaliero di 500.000 euro.
In Abruzzo si rischia la bancarotta. Se non si interverrà in tempo utile i cittadini saranno costretti a sopportare nuove tasse e a subire tagli di prestazioni sociali e sanitarie.
Tra il mondo sindacale e la Regione da circa un biennio si manifestano pesanti conflittualità sulle vie da percorrere per ridurre il disavanzo e riorganizzare un servizio sanitario efficiente e competitivo, evitando il ricorso a nuove tasse o sopportando tagli di qualità e di prestazioni.
Vari tentativi si sono succeduti con l’intento di ridurre l’alto tasso di ospedalizzazione, il numero dei ricoveri impropri, la istituzione dell’Osservatorio epidemiologico, la riduzione della spesa farmaceutica ed è maturata solo l’idea teorica di ridurre il numero dei distretti sanitari di base in corrispondenza degli ambiti sociali per avviare una politica di integrazione socio-sanitaria.
Resta improcrastinabile l’inizio di un percorso teso a riorganizzare la rete ospedaliera, a rideterminare il numero dei posti letto e a potenziare i servizi sul territorio, quali la realizzazione di residenze sanitarie assistenziali, assistenza domiciliare integrata, day hospital e ospedalizzazione domiciliare.
Ciò è estremamente necessario per ridurre l’altissima percentuale di ricoveri che pone l’Abruzzo al primo posto per 218 ricoveri ogni 1.000 abitanti, a fronte della regola nazionale di 160 ogni 1.000.
La spesa ospedaliera assorbe il 60% del totale. La necessità è di contenerla al 46% con relativo trasferimento di risorse sul territorio pari al 49% e la destinazione di una quota di almeno il 5% per l’attività di prevenzione e per la sicurezza.
Purtroppo dei 63.000 ricoveri, circa un quarto sono inappropriati e potrebbero essere sostituiti da trattamenti alternativi. La gente si rivolge sempre all’ospedale perché il territorio non offre strutture e servizi alternativi.
L’obiettivo di stabilizzare 5 posti letto ogni mille abitanti, di cui 4 per acuti e 1 per lungodegenza e riabilitazione, riguarda i prossimi provvedimenti che il Sindacato dovrà far assumere.
Il 3° piano sanitario, che ormai presenta un ritardo di quasi due anni, non potrà prescindere in primis da una ristrutturazione del settore operativo della sanità regionale con una riorganizzazione puntuale degli uffici e dei servizi, la costituzione dell’agenzia sanitaria quale organo tecnico di supporto e, nel contempo, un percorso di riqualificazione e valorizzazione di tutto il personale addetto.
La riorganizzazione della rete ospedaliera dovrà individuare poli di eccellenza in un contesto di istituzionalizzazione, di residenze territoriali e di razionalizzazione dei distretti sanitari di base che contribuiscano al processo di superamento dell’assistenza ospedalcentrica. In questo modo bisogna ridare centralità alla medicina di base, alle cure a domicilio, alla riqualificazione della rete di tutti i servizi territoriali, in risposta agli anziani, non autosufficienti, malati cronici e terminali, disabili.
Occorre recuperare il ruolo del distretto socio-sanitario come luogo di integrazione dei servizi e delle risorse, ottenere una risposta polifunzionale di prevenzione, cura e riabilitazione, con il contestuale risultato certo di ridurre le liste di attesa e garantire i livelli essenziali di assistenza.
L’Abruzzo può vantare valori medi di speranza di vita più elevati di quelli della media nazionale, 77,7 anni per gli uomini e 83,9 per le donne, collocandosi nei primi tre posti per la sopravvivenza.
E’ una regione che invecchia più della media nazionale, presenta 151 anziani oltre i 65 anni per ogni 100 giovani sotto i 15 anni. Il tasso di invecchiamento è al 20%, oltre 220.000 sono gli ultra sessantacinquenni, oltre 20.000, in aggiunta, i non autosufficienti.
Troppi lunghi ricoveri dei nostri nonni in ospedale, perché l’assistenza domiciliare è quasi sconosciuta e la corsia d’ospedale è l’unico posto di appoggio con un costo per la sanità cinque volte superiore. L’ospedale per molte famiglie di anziani è quasi l’unico approdo.
CGIL – CISL – UIL hanno aperto una vertenza ormai da tempo sulla sanità, congiuntamente alle Categorie dei Pensionati e del Settore Pubblico Impiego. I primi risultati sono stati ottenuti con la soppressione dei ticket imposti in maniera indiscriminata e sui farmaci essenziali. Una risposta massiccia e partecipata ha modificato l’orientamento della Giunta.
Occorre stabilizzare il confronto tra Giunta e Sindacato, e realizzare il 3° piano sanitario articolando una rete ospedaliera su grandi presidi di eccellenza e valenza regionali collegati agli ospedali territoriali di zona che dovranno essere dotati di day hospital e day surgery, come indicato dal decreto sui LEA, con percentuali non inferiori al 10%.
In ultimo, ma non meno importante, va tutelata la salute nei luoghi di lavoro. Non basta stanziare il 6% del bilancio e poi non spendere i 80 milioni per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro, è necessario ripartire tali somme con espressa finalizzazione e su concrete iniziative promosse dalle varie ASL evitando, come nel passato, che le risorse della prevenzione vengano destinate altrove, attraverso strumenti di verifica e di controllo.
Il Sindacato considera il sistema sanitario servizio pubblico, anche quando è assolto da privati.
Al settore privato della sanità il Sindacato rivolge l’invito ad applicare le norme del contratto nazionale e decentrato oggi disapplicate.
Servizi sociali. L’innalzamento dell’età media della popolazione che in Abruzzo raggiunge i 220.000 ultra sessantacinquenni su 1.281.283 abitanti (dati 2001) comporta un incremento della non autosufficienza e la necessità dell’istituzione di servizi sociali adeguati su tutto il territorio regionale.
Il primo intervento necessario è l’integrazione del sociale con il sanitario e ridare alla famiglia il ruolo centrale di soggetto politico del territorio fondamentale e strategico per tutte le politiche sociali.
In particolare occorrono:
- interventi economici a favore delle famiglie anche con un assegno pensionabile a favore di chi, a tempo pieno e continuativo, assiste in famiglia l’anziano e il disabile considerando anche l’economia stessa della famiglia;
- riduzione dell’addizionale Irpef regionale e comunale, eliminazione o riduzione dell’Ici.
- Creazione di infrastrutture, spazi e servizi sul territorio;
- Attivazione concreta dell’ADI, qualificata, efficiente, realmente presente sul territorio e sburocratizzata.
La Vertenza Abruzzo. E’ stata un’offerta di alleanza alla Giunta Regionale, affinché agisse da capo-delegazione dell’Abruzzo, con il pieno coinvolgimento delle parti sociali, nel negoziare con il Governo e lo Stato soluzioni e risorse per quei temi la cui definizione non può risolversi a livello regionale, come, ad esempio, la sanità e i grandi gruppi industriali e dei servizi.
Questa prospettiva è rimasta lettera morta anche a causa dell’incapacità della Giunta di impostare un rapporto con i grandi gruppi pubblici e privati, in termini di politica industriale, limitando invece il suo ruolo esclusivamente all’intervento di salvataggio, previa sollecitazione del sindacato, di realtà produttive ormai giunte ad una irreversibile crisi.
Presenze industriali, tecnologiche e professionali rilevanti come quella del settore auto, a partire dalla Fiat, del settore Moto, dell’intera filiera delle Telecomunicazioni, Polo Chimico, tutto il settore Manifatturiero e di diverse grandi realtà aziendali non sono oggetto di iniziative di difesa, promozione, consolidamento, sviluppo e localizzazione degli indotti da parte della Regione.
Le attività di fornitura alle grandi aziende più dinamiche presenti in Abruzzo andrebbero colte come occasione per dare all’imprenditoria locale l’opportunità di fare evolvere un tessuto di PMI verso standard di competizione tecnologica e di qualità.
I grandi gruppi pubblici ed ex-pubblici. È un fronte decisivo sul quale stanno venendo meno risorse di grande importanza ai fini dello sviluppo. Una situazione alla quale occorre reagire, pena il costante indebolimento della presenza nella nostra regione dei grandi gruppi multinazionali e di servizi.
L’interlocutore istituzionale della grande impresa è assente, inesistente è il rapporto tra le grandi aziende e la politica industriale; per questo i grandi gruppi decidono ormai i propri assetti e i propri investimenti altrove.
L’interlocutore Governo è rimasto sempre assente ed inattivo, anche verso quei gruppi a partecipazione pubblica, Enel, Eni, Telecom, Poste, Ferrovie, Autostrade che hanno abbandonato l’Abruzzo procurando perdite occupazionali e hanno impoverito la qualità e la quantità dei servizi erogati, e ad oggi, mostrano disimpegno sulla nostra regione nei processi di reindustrializzazione.
Ricerca ed innovazione. La PMI trova difficoltà a crescere in dimensioni, diventare competitiva, essere sostenuta nei settori della ricerca e dei servizi, orientata verso specializzazioni produttive settoriali.
Tutto il sistema produttivo deve essere accompagnato da processi di innovazione; lo sforzo va diretto verso la ricerca applicata.
La Regione Abruzzo utilizza poco o nulla i Centri di Ricerca e Università che sono invece di grande rilievo per la vita produttiva. Sono quegli stessi Centri che, abbandonati al loro destino sotto gli occhi indifferenti di chi governa la regione, lamentano ormai il loro mancato futuro.
Piccole e medie imprese di dimensioni locali, operanti nei settori del tessile-abbigliamento e del legno, richiedono un’azione che ne stimoli un posizionamento competitivo più elevato, in termini di qualità e innovazione, promuovendo forme di sostegno alla capitalizzazione societaria e alla commercializzazione del prodotto, per sottrarle ad una competizione esclusivamente giocata sul terreno dei costi, che non può che vederle soccombenti a fronte dell’ascesa delle realtà industriali dei nuovo Paesi emergenti.
Consorzi Industriali e di Bonifica. Nonostante roboanti impegni da parte della Giunta Regionale, si continua nella politica dei perpetui commissariamenti dei Consorzi Industriali, di Bonifica e di altri enti strumentali.
Sono stati sostituiti i precedenti Commissari, adeguandoli alle nuove spartizioni politiche, ma i commissariamenti restano sempre gli stessi e i compiti svolti ormai sono solo di carattere burocratico, di forte disattenzione ai processi di promozione industriale.
Il settore agricolo. Fattore importante ed indispensabile per lo sviluppo. Contribuisce in modo decisivo, oltre all’economia di migliaia di famiglie, a ridurre il fenomeno dello spopolamento e dell’abbandono delle aree interne e montane ed è garanzia e tutela dell’ambiente e del territorio.
Il Sindacato è fortemente critico nei confronti della Giunta Regionale che trascura e sottovaluta la politica del territorio ed è disattenta ai fenomeni di degrado ecologico e naturale.
La risposta della Giunta è stata quella di ridurre investimenti in agricoltuta, restando disimpegnata sulla riorganizzazione dell’intero settore trascurando i punti e i soggetti di ricerca, sviluppo, controllo dei prodotti.
Il mondo imprenditoriale di tutti i settori è assunto come controparte della mobilitazione sindacale che culminerà con lo sciopero del 13 febbraio.
Rivendichiamo:
- a) dalle controparti datoriali abruzzesi segnali di disponibilità e coerenza verso produttive relazioni sindacali per il raggiungimento di obiettivi qualificati per lo sviluppo, l’occupazione e la competitività, invitandole ad una concreta disponibilità per individuare linee comuni di proposta e assumere iniziative congiunte per smuovere la stagnante situazione politica locale e nazionale.
Rivendichiamo:
- b) dalle altre associazioni imprenditoriali, piccole e medie imprese, artigianato, agricoltura, cooperazione, commercio, credito alleanza sugli obiettivi e decisa mobilitazione per denunciare e rimuovere l’attuale stato di crisi.
Resta auspicabile in Abruzzo un cambiamento netto di atteggiamento delle controparti imprenditoriali, sulla bilateralità, utile al potenziamento ed al rilancio dei sistemi della mutualità e della formazione continua e professionale.
Rivendichiamo:
- c) dalle associazioni degli imprenditori pubblici e privati dei servizi il superamento delle mancate garanzie contrattuali ai lavoratori.
Chiediamo il rispetto dei diritti contrattualmente previsti ai lavoratori, in particolare a quelli appartenenti ai settori dei servizi sanitari, sociali e del sistema delle imprese di servizio, penalizzati dagli appalti aggiudicati al massimo ribasso. Denunciamo il sistema pubblico regionale e delle Autonomie locali che spesso agisce come vero e proprio committente di Lavoro Nero.
Rivendichiamo:
- d) dagli Istituti Bancari e dal sistema finanziario che le ingenti risorse di risparmio raccolte dai 514 sportelli presenti in Abruzzo non siano prevalentemente trasferiti ed investiti al nord, ma reinvestiti nel nostro territorio a favore di nuove iniziative produttive, perseguire obiettivi di riduzione del costo del denaro e dotarsi di strumenti finanziari e di servizi idonei a creare sviluppo e crescita della PMI e dell’artigianato.
Le OOSS, nei confronti del sistema pubblico e privato, rivendicano una maggiore tutela contro l’aumento indiscriminato del costo della vita.
Ritengono necessario un ruolo decisivo della Giunta Regionale, di concerto con le associazioni sociali, imprenditoriali, istituzionali locali, Comuni, Province, Camere di Commercio e Associazioni dei Consumatori, per un’azione di contenimento degli aumenti delle tariffe e dei costi dei servizi pubblici e privati.
Le organizzazioni sindacali denunciano la insopportabilità della crescita del costo della vita, del tutto sproporzionata rispetto a quella delle retribuzioni e delle pensioni ed in contrasto con la politica dei redditi che oggi viene rispettata solo dai Sindacati al rinnovo dei contratti di lavoro.
La mobilitazione del sindacato abruzzese è caratterizzata da una articolata e motivata protesta per il venir meno da parte della Giunta ai suoi doveri di governo di cui gli abruzzesi hanno bisogno.
Responsabilmente CGIL – CISL – UIL hanno inteso sviluppare un’iniziativa di informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica, delle forze politiche e sociali, delle istituzioni sui problemi principali da affrontare.
Le analisi, le proposte e le rivendicazioni contenute nella presente Piattaforma sono alla base della protesta e dello sciopero.
I lavoratori, pensionati e disoccupati chiedono alla società abruzzese l’impegno a rigenerare e ridare slancio ad un’azione di responsabilità politica per non fermare lo sviluppo, la crescita occupazionale e le conquiste sociali.
La nostra regione rischia di entrare in una fase di stagnazione e di subire un processo di declino problematico per il futuro di tutti.
Sei manifestazioni tematiche promosse da CGIL – CISL -UIL accompagnano la partecipazione di tutto il mondo del lavoro allo sciopero generale del 13 febbraio 2004.