I dati sul mercato del lavoro pubblicati in questi giorni sono chiari e inequivocabili: l’Abruzzo è l’unica regione che perde posti di lavoro, circa 5.000, e che vede risalire il tasso di disoccupazione: dal 5,4% al 6%.
Il Prof. Pino Mauro, nel commentare la situazione, ci invita a non enfatizzare con eccessivi allarmismi, e tuttavia alcune delle sue considerazioni confermano i motivi della nostra preoccupazione. L’evoluzione negativa dell’occupazione si accompagna infatti ad un andamento negativo dell’export (-5%), mentre i dati di consuntivo sull’andamento dell’economia regionale, pubblicati dalla Svimez, rilevano un consistente rallentamento del tasso di crescita del Prodotto Interno Lordo abruzzese, che passa dal 5,9% (variazione media annua) all’0,4%. Un dato inferiore anche alla media nazionale, pari all’0,6%.
La Cgil ha sempre valutato con prudenza il crescere dei dati sull’occupazione. Lo ha fatto perché la sua esperienza nasce “sul campo”, da un mondo del lavoro produttivo costellato da decine di crisi aziendali, in settori vitali come l’elettronica e le telecomunicazioni, l’auto e il suo indotto. Un’esperienza che ci ha fatto analizzare criticamente l’aumento dell’occupazione, facendoci affermare che era più il frutto di una vertiginosa trasformazione del mercato del lavoro abruzzese, che della crescita virtuosa e stabile dell’apparato produttivo regionale.
La presenza di lavoro nero nei grandi impianti (dati INPS regionali), l’accentuarsi della flessibilizzazione dei rapporti di lavoro senza qualità formativa, l’aggressione ai diritti dei lavoratori, sono l’humus sul quale poggia l’arretramento dell’Abruzzo rilevato dallo SVIMEZ. Nasce da questi fatti la necessità di un confronto aperto e schietto con il mondo imprenditoriale, per discutere dei rischi insiti in una scelta di dequalificazione del lavoro ma anche per difendere le stesse capacità competitive delle aziende, essenziali per le residue capacità di sviluppo dell’Abruzzo.
Tra gli interlocutori tuttavia ve n’è uno assente: la Giunta regionale. Il limite politico in Abruzzo Democratico è stato quello di non valutare con serietà la crescita dell’occupazione, impegnata a glorificarsi dei risultati positivi quali frutti della propria azione. La Giunta regionale del Centro-destra è del tutto silenziosa e assente, troppo intenta a definire i propri conti interni, incapace di valutare la situazione e di progettare politiche in grado di ribaltare la tendenza in atto.
E’ una Regione, la nostra, che ha bisogno di politiche di sviluppo strutturate e non episodiche, programmate e non quotidiane; che deve intervenire con leggi di settore coerenti con un disegno ordinato di crescita economica, produttiva e sociale. C’è poco da attendersi, purtroppo, da una Giunta Regionale che ha abbandonato ogni forma di dialogo con la società civile (produttiva e non) e che ha reso carta straccia ogni ipotesi di programmazione. Che ha deciso unilateralmente, e di fatto, la fine della concertazione partecipata, delle attività del Comitato Regionale dell’Economia e del Lavoro (leggi CREL), di tutte le procedure previste negli accordi sottoscritti, nelle leggi di settore e di programma.
Crediamo esista un’obiettiva difficoltà, da parte del centro-destra, nel doversi misurare su politiche orientate ad uno sviluppo sostenibile e finalizzato ad una piena e buona occupazione. Obiettivi, torniamo a ripeterlo, che si raggiungono con la qualificazione delle reti infrastrutturali e dei servizi; con politiche di accrescimento della competitività delle aziende abruzzesi; con interventi mirati all’innovazione tecnologica; con politiche nuove ed efficaci sull’istruzione, la formazione e la ricerca; con una maggiore capacità d’intervento del sistema creditizio a favore dell’occupazione e della crescita del tessuto civile regionale; con la qualificazione della pubblica amministrazione, a partire dall’Ente Regione. Come non prendere atto che la ritardata approvazione del bilancio regionale, operativo solo negli ultimi sette mesi, ha contribuito a creare ulteriori incertezze sull’uso delle risorse necessarie allo sviluppo economico e sociale abruzzese? Incertezze che provengono anche dal ritardo nella presentazione del Documento di programmazione economica e finanziaria regionale (DPEFR); un Documento che dovrà tener conto delle nuove competenze dettate dal federalismo fiscale, dell’operatività della Regione nella lotta all’evasione, in modo da delineare un uso della leva fiscale che punti all’equità, al sostegno e all’accrescimento delle protezioni sociali, unitamente ad un riequilibrio territoriale che passi attraverso lo sviluppo delle zone interne.
In buona sostanza, ciò che caratterizza il governo regionale di centro-destra è la sua totale incapacità di programmare l’utilizzo del denaro pubblico, mentre il neo-centralismo con cui la Regione ha risposto alla riforma federale dello Stato (vedi la proposta ESA) si accompagna ad una sostanziale assenza di ruolo nelle politiche industriali e in quelle di settore (energia, trasporti e rifiuti), all’assenza d’iniziativa nei processi di ristrutturazione dei grandi gruppi industriali, pubblici e privati.
Se la Giunta Regionale non riesce trovare il tempo per occuparsi delle questioni essenziali dello sviluppo, sarà necessario che scendano in campo la società civile e la Politica, le istituzioni e le rappresentanze sociali e imprenditoriali: e questo per rivendicare una svolta. La Cgil si sta preparando a farlo. Abbiamo proposto a Cisl e Uil un’iniziativa forte di mobilitazione sui ticket e sulla situazione (disastrosa) della sanità: su questi fatti speriamo di trovare l’accordo, e tuttavia lo sviluppo e la latitanza della Giunta Regionale, incapace di intervenire sulla situazione negativa dell’apparato produttivo abruzzese, sono temi che richiedono pari attenzione e pari capacità di mobilitazione.
Franco Leone
Pescara 24 Settembre 2002.