Nella vulgata popolare, Bettino Craxi, viene individuato come il teorico e l’esecutore del Decreto di San Valentino sulla contingenza. Una leggenda alimentata dalla polemica antisocialista che vedeva in Bettino il principio di tutti i mali. Un preconcetto duro da morire che resta in piedi, nonostante i benefici apportati da quella operazione, sulla contingenza, ha apportato alla economia italiana. Fondamentale per uscire da una crisi economica sottoposta ad una spirale inflazionista a due cifre, ed in tale modo ridotta anche a beneficio dei lavoratori e pensionati italiani. Ma questo è argomento sviluppato in un altro scritto, ora è bene approfondire il ruolo, anche sulla vicenda contingenza, di Pierre Carniti, ex segretario della Cisl personaggio notevole. La sua figura mi colpì nel momento in cui ho assistito ad una confidenza tra lui e Marianetti. Non fu quella lìunica occasione, perché sia nella mia permanenza a Roma, presso la Direzione del PSI e durante la mia attività sindacale ho avuto diverse occasioni per conoscerlo e scambiare con lui opinioni anche molto significative. Devo dire che non ho mai nascosta la mia simpatia nei suoi confronti. Però, bisogna anche dire, che stravedevo per Carniti, perché era, a mio parere, il Segretario Generale CISL, più adatto per la realizzazione di uno delle mie fantasie da socialista: il passo in avanti verso l’Unità Sindacale come soggetto politico di un chiaro  disegno di trasformazione riformista della società italiana. Carniti però era anche tremendo nelle sue convinzioni politiche e testardo nell’azione. Un aspetto del quale si tiene poco conto ma posso dire senza errore, anche perché, sia nel ricordato colloquio alla presenza di Marianetti, ma anche successivamente Carniti stesso mi diede una risposta rivelatrice, ad una mia domanda sull’argomento Decreto di San Valentino. Chiesi qual’era stata l’atmosfera , durante la discussione sulla contingenza, mi sentii rispondere, letteralmente, che dovette dare una spinta ad un Craxi “tentennante”, indeciso sul da farsi perché non aveva l’intenzione di “rompere” con Luciano Lama. Il problema però era che Carniti insisteva su un concetto, a suo avviso fondamentale, nulla si sarebbe fatto senza sfidare e sconfiggere il PCI di Berlinguer. Quindi il padre fondamentale del Decreto del 14 febbraio dell’84 era Pierre Carniti, ispirato da un grande economista come Tarantelli vittima, successivamente della “vendetta” brigatista, che spinse Bettino Craxi a sfidare il massimalismo comunista. L’argomento partiva dalla dichiarazione politica che non esisteva l’idea di un taglio alla Scala Mobile, ma semplicemente una predeterminazione. Quindi un accordo che prevedeva una modulazione degli scatti in funzione di un obiettivo- Ma il futuro, successivamente, fu più benigno del previsto perché si dimostrò che l’inflazione era scesa più del previsto. La scoperta fu che essa aveva anche una forte componente psicologica. In sintesi, partendo dalla fine del 1983 che ci aveva lasciato in eredità un’inflazione del 13 per cento, attraverso il Decreto di San Valentino si sperava di portarlo al 10 %.  Però arrivò un 8%, per cui alla fine i punti di scala mobile che non scattarono furono tre. Un successo straordinario per Craxi, ma una sconfitta per la direzione del Pci che aveva definito inaccettabile lo scambio politico tra il sindacato e il governo.  Un salto teorico del PCI che affermava due cose molto pericolose. La prima il primato del partito sul sindacato, al quale  gli si riconosceva un’autonomia limitata; la seconda il primato del Parlamento sull’esecutivo. Quindi dimostrare che il Paese era ingovernabile senza PCI. La notizia era che Carniti aveva colto il segno della cifra politica di un PCI disinteressato al tema Inflazione e retribuzioni delle persone, ma a curare solo la propria rendita di posizione. In concreto pur essendo consapevoli che  con un forte aumento dei tassi di interesse, si rischiava di strangolare gli investimenti  ridimensionando la crescita e di conseguenza l’occupazione, il PCI poneva un altro problema: non si fidava di Craxi e non voleva offrirgli nessuna possibilità di buon governo. E questo è un tema visto che la proposta della predeterminazione era nata proprio in casa Cisl. Racconta Carniti “ il teorico fu Ezio Tarantelli, poi ucciso dai terroristi. La Cgil aveva delle riserve ma non sembrava una pregiudiziale insuperabile. Il confronto lo guidò il ministro del Lavoro Gianni De Michelis. Arrivammo al 12 febbraio, tutto sembrava definito e si decise di firmare due giorni dopo. Il 14 andammo a Palazzo Chigi e qui Craxi entrò in scena per la prima volta. Lama, con evidente difficoltà, annunciò che la parte maggioritaria della Cgil, cioè i comunisti, non era d’accordo. Craxi tentò un rilancio per portare a casa un risultato unitario. Lo bloccai subito dicendo che l’intesa doveva essere quella concordata. A toglierci tutti dall’imbarazzo fu lo stesso Lama, il quale specificò che loro non avrebbero firmato alcunché. Il Pci aveva messo il veto”. Quindi Craxi che non poteva accettare di governare con un mandato limitato dal PCI, racconta sempre Carniti, “ fu costretto, suo malgrado, a firmare l’intesa. L’alternativa sarebbe stata quella di dimettersi”. A quel punto partì la campagna del Pci. Prima in Parlamento, con uno strenuo ostruzionismo. Poi con la decisione di indire il referendum. Lo annunciò Gerardo Chiaromonte in Senato il 7 giugno, giorno della definitiva approvazione del decreto. La sera stessa Enrico Berlinguer, durante un comizio a Padova, viene colpito dall’emorragia cerebrale che nel giro di quattro giorni lo porterà alla morte. Il resto è storia nota perché il ricorso al referendum abrogativo nell’assoluta convinzione che il Paese avrebbe dato ragione al Pci unico partito a rappresentare davvero i lavoratori, con relativo superamento anche dei sindacati incapaci a farlo con serietà, si concluse con una sonora sconfitta. Anche questa si appaiava con la via della diversità comunista agitata con la questione morale dove indica socialisti e democristiani come uomini di malaffare. La teorizzazione di un Pci solo contro tutti, isolato, arrogante ed astratto mentre il comunismo va verso il Muro di Berlino. Ora questa scritta è un pezzo di storia raccontata anche attraverso i racconti e le letture di scritti Pierre Carniti. A tale proposito poteva essere un buon testimone Dino Marianetti che cercò anche di “soccorrere” il suo amico Luciano Lama per evitargli una situazione che sarebbe, nel tempo diventata umiliante, visto il “clamore” dato alla sua firma ai banchetti per lo svolgimento dei referendum. Gli diede il “consiglio” di evitare la firma alla richiesta del referendum e di dichiarare che il suo unico problema era rimettere insieme un sistema di relazioni unitarie. Ma non venne ascoltato. Dopo diverso tempo lo stesso Marianetti all’epoca responsabile nazionale di Organizzazione, affermò che nell’84 era stata ingaggiata una battaglia scriteriata fondata sul niente, ma il grave era che per “amore” di battaglia si era abolita ogni forma di tutela del potere d’acquisto dei lavoratori. A questo tema, ed è tutto qui il senso della attualità di Carniti , lo stesso rispose che si poteva pensare ad un  salario minimo indicizzato annualmente. Pierre Carniti, da sindacalista e coraggioso riformatore morto all’età di 81 anni, storico segretario generale della Cisl., fautore del concetto che L’unità sindacale funziona se scontenta tutti i partiti”. Che prima di morire fece un appello agli antichi colleghi sindacalisti per auto-riformarsi, puntando sull’unità sindacale come unica possibile reazione alla perdita di credibilità delle organizzazioni dei lavoratori, ma anche all’indebolimento dei diritti e alla crisi del lavoro. Naturalmente, prima di queste ultime parole ci sono anche le critiche rivolte a Craxi che nel decreto aveva tagliati due impegni presi il 14 febbraio, ossia il blocco dell’equo canone e la garanzia di conguaglio in caso di sfondamento del tetto programmato di inflazione. In questo la posizione della Cisl collimava con quella espressa dalla componente socialista della CGIL che chiedeva il rispetto di tutte le assicurazioni fornite dal governo, a partire dalla battaglia per l’equità fiscale, e contro la causa principale dell’ inflazione e della montagna di debiti dello Stato, cioè l’ evasione fiscale. Ma siamo alla storia di oggi. Nel 1989 fu candidato dal PSI alle elezioni europee nella circoscrizione dell’Italia Nord-orientale. Eletto con un notevole successo personale, nel contesto di una significativa affermazione del Partito socialista che raggiunse quasi il 15% dei suffragi, si iscrisse al Gruppo del socialismo europeo e, in coerenza con le sue competenze e con le sue sensibilità, fu membro della Commissione per gli affari sociali, l’occupazione e le condizioni di lavoro, della Delegazione per le relazioni con i paesi dell’America del Sud e della Delegazione per le relazioni con la Polonia. Nel 1990 diede vita all’associazione politico-culturale Riformismo e solidarietà (RES) e fondò una nuova rivista, Il bianco & il rosso, come luogo e strumento di riflessione ed elaborazione di un progetto di aggregazione politica che portasse, nell’ormai manifesta crisi dei partiti, a una nuova convergenza del riformismo socialista e della tradizione del cristianesimo sociale, ravvivato dal rinnovamento postconciliare, per rendere possibile la democrazia dell’alternanza. L’associazione si propone d’interloquire, con il Partito socialista ma anche con il Partito comunista di Achille Occhetto, che dopo la caduta del Muro di Berlino e la dissoluzione del blocco sovietico, si stava ripensando sul modello del socialismo europeo. Nel 1994 fu rieletto al Parlamento europeo nella circoscrizione Centro I, candidato in quest’occasione dal PDS, nelle qui liste, per le elezioni politiche del mese di marzo, era riuscito a strappare dal segretario Massimo D’Alema ben 36 candidature cristiano sociali. Fece parte, fino alla fine del mandato, nel luglio 1999, del Gruppo del Partito del socialismo europeo, impegnandosi nella Commissione per gli affari sociali e nella Commissione per i problemi economici e monetari e la politica industriale. Svolge, anche con un’intensa attività pubblicistica, un ruolo riconosciuto di guida e d’indirizzo, oltre che d’interlocutore autorevole della leadership del PDS e, successivamente, dei Democratici di sinistra e dell’Ulivo.  Morì a Roma il 5 giugno 2018.