ECONOMIA – In undici anni, tra il 2000 e il 2011, il Pil abruzzese è diminuito del 2,1%, mentre quello italiano è cresciuto del 3,1% ma, cosa ancora più grave, registra un risultato peggiore anche di quello del Mezzogiorno che è rimasto sostanzialmente stabile attestandosi ad un – 0,2%.

Il PIL dell’Abruzzo segna, in tal modo, uno spread negativo rispetto a quello italiano di 5,2 punti percentuali e rispetto al Mezzogiorno di 1,9.

E’ questo lo screening sullo stato dell’economia abruzzese realizzato da Aldo Ronci.

La regione Abruzzo che fino agli anni novanta aveva realizzato risultati eccellenti ed era considerata la più progredita del mezzogiorno, negli anni 2000, soprattutto per effetto della cessazione degli aiuti straordinari, entra in crisi, presenta un’economia che versa in una situazione di oggettiva difficoltà, cresce meno del resto del Paese e perfino del Mezzogiorno e da “locomotiva del Mezzogiorno” diventa “uno dei fanalini di coda dell’Italia”.

CREDITO BANCHE – IMPRESE –  Negli stessi anni, il credito erogato dalle banche alle imprese ha registrato un in-cremento del 106%, valore di gran lunga su-periore sia al valore medio nazionale (84%) che a quello del Mezzogiorno (78%).

Il credito in Abruzzo annota, all’inverso di quanto è accaduto per il PIL, uno spread positivo di 22 punti percentuali rispetto all’Italia e di 28 punti percentuali rispetto al Mezzogiorno.

Tanto per avere un’idea le imprese abruzzesi, nel caso in cui il credito fosse cresciuto allo stesso ritmo di quello nazionale, avrebbe dovuto fare i conti con un miliardo e settecento milioni di euro in meno a disposizione.

Come abbiamo già visto negli anni 2000 l’Abruzzo entra in recessione e va peggio sia dell’Italia e cosa ancora più grave del Mezzogiorno con un sistema produttivo che sul piano della competitività non riesce a stare al passo.

In questo contesto il sistema bancario sostiene l’economia erogando alle imprese più credito rispetto al resto del paese facendo sopravvivere numerose aziende contando sulla possibilità di ripresa del sistema produttivo.

Chi ha il merito del cospicuo incremento del credito in Abruzzo? – La maggiore disponibilità di credito è sicura-mente frutto della presenza di piccole banche  (tra le quali Tercas, Carichieti, Carispaq, Caripe e BLS) che erogano il 51% del credito regionale. Quota di credito più che doppia rispetto al valore medio nazionale (21%) e, ancora di più, la quota di credito concesso dalle piccole banche pone l’Abruzzo al primo posto nella graduatoria nazionale.

Le banche piccole e minori abruzzesi (Tercas, Carichieti, Carispaq, Caripe, BLS e BCC)hanno in questo contesto un peso elevato in quanto posseggono una quota di credito del 38%  e il 49% degli sportelli ed hanno contribuito efficacemente a sostenere in questi undici anni il sistema economico regionale in generale e in particolare quello delle micro e piccole imprese realizzando di fatto nella nostra regione la cosiddetta “Banca del Sud”.

Tali caratterizzazioni hanno consentito, in questi anni, di sostenere adeguatamente l’economia regionale.Le piccole banche abruzzesi, intendendo per tali quelle che hanno la sede legale e gli organi decisionali in Abruzzo, si caratterizzano per l’autonomia gestionale a livello locale e di una conoscenza approfondita della valenza e delle peculiarità del sistema produttivo territoriale.

IL CASO TERCAS – Negli ultimi mesi però prima la decisione della BPER di incorporare la Carispaq e la BLS e poi il commissariamento della Tercas rischiano di mettere in pericolo la debole economia regionale perché queste banche, senza autonomia gestionale a livello locale, difficilmente riusciranno a mantenere la stessa sensibilità dimostrata negli ultimi anni e, nella fase recessiva che si sta attraversando, che per l’Abruzzo è più acuta rispetto alla altre regioni, non riusciranno a fornire un ulteriore sostegno in termini di finanziamenti al sistema produttivo.

CONCLUSIONI – Di fronte alla scomparsa di una grossa fetta di piccole banche e in assenza della realizzazione della “Banca del Sud” è opportuno pensare ad uno sviluppo delle Banche di Credito Cooperativo sia in termini di ampliamento di quelle esistenti che di creazione di nuove.

Negli ultimi dodici anni il Pil in picchiata del 2,3%. I peggiori d’Italia

L’AQUILA L’economia abruzzese secondo un esperto del settore, il dottor Aldo Ronci, il quale ha presentato uno studio molto dettagliato, che prende in considerazione un periodo abbastanza lungo, 12…

L’economia abruzzese secondo un esperto del settore, il dottor Aldo Ronci, il quale ha presentato uno studio molto dettagliato, che prende in considerazione un periodo abbastanza lungo, 12 anni dal 2000 al 2012, suddiviso in ulteriori 2 tranches temporali: dal 2000 al 2008 e dal 2008 al 2012. «Questa separazione – rileva Aldo Ronci nella premessa – serve per capire meglio com’era l’economia abruzzese prima della crisi e come la nostra regione ha affrontato questo difficilissimo periodo soprattutto se raffrontato ai dati nazionali. Dallo studio si evince in modo chiaro che la nostra regione, pur non brillando nel primo periodo preso in esame, era però in linea con l’Italia, mentre nella crisi ha conosciuto e conosce maggiori difficoltà rispetto al nostro Paese».

IL PIL In dodici anni il Pil abruzzese «ha subìto una flessione del 2,3%, valore notevolmente peggiore di quello italiano che è invece cresciuto dell’1,7% ed ha realizzato uno spread negativo di 4 punti percentuali. Il Pil abruzzese negli anni dal 2000 al 2008 – spiega Ronci – ha realizzato uno spread negativo di 2,1 punti percentuali e negli anni dal 2008 al 2012 ha registrato uno spread negativo di 1,9 punti percentuali per cui negli ultimi quattro anni lo spread è stato quasi lo stesso di quello degli otto anni precedenti.

IL PIL 2012 I dati Svimez evidenziano che «nel 2012 il Pil abruzzese ha segnato una flessione del 3,6% a fronte di un decremento nazionale del 2,4% e che con tale flessione si è posizionato al quart’ultimo posto della graduatoria nazionale».

L’OCCUPAZIONE Tra il 2000 e il 2012, «l’Abruzzo – rileva ancora Ronci – ha registrato un incremento pari al 6,4% collocandosi al di sotto del valore italiano (7,6%) e realizzando uno spread negativo di 1,2 punti percentuali. Negli anni dal 2000 al 2008 l’occupazione ha realizzato uno spread negativo di 1,8 punti percentuali, negli anni dal 2008 al 2012 ha registrato uno spread positivo di 0,6 punti percentuali ma segnando comunque 10.000 occupati in meno rispetto al 2008. Da evidenziare comunque che l’occupazione in Abruzzo è caratterizzata dalla presenza di grosse sacche di attività marginali, da un ricorso eccessivo alla mobilità, dalla instabilità dei rapporti di lavoro e, negli ultimi anni, dalla concessione di un monte ore di cassa integrazione che si attesta tra i più alti d’Italia. L’altra caratteristica del mercato del lavoro abruzzese è l’alto numero di coloro che cercano lavoro ma anche di coloro che non lo cercano più in quanto hanno perso la speranza di trovarlo».

LE IMPRESE ATTIVE «Le imprese attive abruzzesi, negli anni 2000-2012 hanno segnato un incremento del 5,32% inferiore all’8,25% italiano».

Di Franco Leone

ex Segretario Generale della Cgil Abruzzo - ex Seg. Generale Cgil Pescara e dello Spi Regionale.