È stata utile la decisione assunta, dal Comitato Direttivo della CGIL, di proporre l’apertura di un’ampia discussione sui temi della Finanziaria e della Riforma dello Stato Sociale con la partecipazione degli organismi dirigenti a tutti i livelli. L’attivo regionale del 16 Novembre, concluso da un importante contributo del Vice Segretario Generale della Cgil Guglielmo Epifani, ha accentuato l’esame del confronto in atto con il Governo sulle politiche economiche e finanziarie. Il contenuto delle scelte compiute nella Legge Finanziaria approvata dal Senato, il suo forte discostamento e la sua differenza dall’impostazione del Documento Programmatico Economico e Finanziario (DPEF), ci fanno affermare un giudizio positivo sulla manovra finanziaria. La nostra ferma opposizione, al limite della rottura con il Governo e con il suo premier D’Alema, su alcuni argomenti di merito ha prodotto cambiamenti nella dialettica politica e nei comportamenti del governo. Il testo approvato tiene conto delle nostre proposte, accogliendo la richiesta di maggiore equilibrio nel rapporto tra politiche di tagli alla spesa e politiche di entrata; infatti i circa 15.000 miliardi dell’attuale manovra si compongono di 11.000 miliardi di razionalizzazione della spesa e di 4.000 miliardi di entrate che deriveranno dai proventi della vendita del patrimonio pubblico immobiliare e non da aumenti delle tasse; conferma l’abbandono dell’idea, da noi osteggiata, di fare operazioni di recupero di cassa attraverso l’intervento sulle pensioni, mentre deve essere sottolineata la decisione di realizzare un intervento sulle pensioni altissime. È un errore definire il contributo di solidarietà misura non importante, non significativa, ma solo una misura simbolica, dimenticando che anche i simboli contano, soprattutto quando vanno a finanziare fondi di soggetti meno protetti e quando danno una risposta alla nostra gente arrabbiata di fronte ad assurdi privileggi. Inoltre è opportuno sottolineare la previsione della restituzione fiscale nel prossimo anno a fronte delle maggiori entrate derivanti dall’intensificarsi della lotta all’evasione fiscale confermando la sostanza degli accordi del Patto sociale per lo sviluppo e l’occupazione. Quest’ultimo è un capitolo importante, ci troviamo di fronte ad una riduzione non episodica, ma strutturale della pressione fiscale soprattutto per i redditi più bassi. Altre misure sono previste a favore delle famiglie a più basso reddito, dei pensionati, dei lavoratori parasubordinati e discontinui e delle detrazioni in favore dei servizi sociali. Le novità contenute nel testo licenziato dal Senato, sono indubbie. Per la prima volta la Finanziaria non solo non interviene sugli interessi che rappresentiamo, chiedendo piccoli o grandi sacrifici, ma ha messo a disposizione risorse per risolvere alcune delle nostre esigenze che si erano ormai storicizzate. Con la Manifestazione di Sabato 20 Novembre, D’Antoni con la Cisl, nega il raggiungimento di questi obiettivi. Li considera insufficienti, dimenticando gli anni, passati vanamente insieme per chiedere una riduzione della pressione fiscale su di noi, non sulle imprese. Ora che ci siamo la Cisl, per ragioni incomprensibili, lo nega. I motivi, forse, sono da ricercare in un ambito che si collloca al di là di un recinto sindacale, per giungere ad una sfera che appartiene ad opzioni politiche di valore strategico. In quale modo diverso è possibile valutare quando è accaduto recentemente a Bologna. Il 10 novembre 99’ la Cisl di Bologna ha deciso di firmare un accordo separato con la Giunta comunale, con la quale condivide la scelta di introdurre l’addizionale Irpef del 2 per mille per affrontare la manovra di bilancio del 2000. Una decisione incomprensibile, anche perché le premesse erano ben altre: nel mese di settembre, infatti, Cgil, Cisl, Uil di Bologna avevano presentato una prima piattaforma unitaria, che riguardava i 50 comuni bolognesi, con al primo punto l’esclusione dell’utilizzo dell’addizionale Irpef, anche in considerazione del fatto che la situazione finanziaria, in quella realtà, si presenta migliore rispetto agli anni precedenti; successivamente i sindacati hanno presentato un’altra proposta unitaria a fronte delle cifre fornite dal Comune. È difficile non rilevare una contraddizione fra questa decisione della Cisl di Bologna e quella nazionale di organizzare una manifestazione contro la finanziaria, perché, quest’ultima, prevede una riduzione Irpef troppo esigua. La stessa volontà deve essere letta nel rifiuto netto dato all’apertura di una verifica congiunta sui problemi previdenziali e all’avvio di una discussione organica sul completamento della riforma del welfare, come occasione per fare il bilancio dei nuovi strumenti di politica sociale, della loro efficacia, del loro completamento, del loro finanziamento di fronte a trasformazioni sempre più evidenti nel mercato del lavoro e nelle dinamiche demografiche. La riforma degli ammortizzatori sociali e un loro adeguato finanziamento, l’uso di processi formativi nonché un sistema previdenziale sempre più equo, completando quegli aspetti della riforma Dini non ancora attuati (contributi figurativi, rafforzamento della normativa dei lavori usuranti, previdenza integrativa per tutti), devono piegati a questo scopo. Il nostro interesse non può trascurare quello dei lavoratori che hanno occupazioni discontinue e precarie, o contratti di tipo parasubordinato, per i quali deve essere potenziato il sistema di calcolo della contribuzione figurativa, resa possibile e poco costosa la riunificazione dei contributi versati, facilitata l’adesione ai fondi integrativi. Altrettanto decisiva e urgente è la generalizzazione dei fondi integrativi tutt’ora possibili solo per una minoranza del mondo del lavoro. Ogni ritardo nell’apertura di questi strumenti finisce per pesare in maniera irreversibile nella definizione della futura pensione dei più giovani. Anche per questa ragione l’uso, indicato dalla CGIL, del TFR finalizzato alla previdenza integrativa diventa uno strumento necessario. Il riordino dei regolamenti dei fondi, che si rende per questo indispensabile, dovrà anche affrontare il tema del differenziale di prestazioni previdenziali tra uomini e donne.</SMALL> Questi sono gli elementi fondamentali della nostra iniziativa dei prossimi giorni e delle prossime settimane, compreso il capitolo che riguarda i contenuti e le dinamiche della spesa previdenziale, consapevoli del fatto che eventuali, forse un po’ di più di eventuali, interventi sul sistema previdenziale devono essere fatti nel 2001, per le ragioni che abbiamo, insieme, più volte esplicitato. Non abbiamo proposto l’ipotesi di un intervento anticipato rispetto al momento nel quale un’eventuale distorsione deve essere corretta, ma abbiamo deciso di proporre l’anticipo di una riflessione, su come correggere la distorsione, alla luce di quello che ai più appare un problema ineludibile e non risolvibile dal normale andamento della crescita del prodotto interno lordo nei prossimi anni. Programmare per tempo i nostri interventi, per evitare quello che ci ha sempre penalizzato: la logica dell’emergenza e dei due tempi. Devono essere studiate le necessarie compensazioni, per i lavoratori più esposti, comprendere quali situazioni si creano con il passaggio al metodo di calcolo contributivo pro-rata, anche per chi nel ’95 aveva più di 18 anni di contributi, per rendere equa la proposta che la CGIL mette in campo per risolvere, nel 2001, il problema della cosiddetta “gobba” una volta valutata l’entità. Il confronto unitario che seguirà potrà avere tutte le più larghe possibilità di correggere la nostra proposta, una volta assodato che saranno i lavoratori, alla fine, ad avere la legittima ed ultima parola di dissenso o di consenso. Ma se vogliamo essere gruppo dirigente se vogliamo rappresentare tutti, compresi i giovani e coloro che non godono di un sistema forte di protezione dobbiamo ragionare anche delle loro difficoltà, pena il rischio, che gli stessi, cerchino percorsi diversi per organizzare risposte concrete ai loro problemi. Se questi sono i temi e le preoccupazioni, non dobbiamo abbandonare la discussione di merito, anche con la Cisl che, con la Manifestazione del 20 Novembre della Cisl. Ha reso i rapporti sempre più tesi tra di noi. Ma questo non deve farci abbandonare un obiettivo da noi considerato vitale. Il non abbandono, l’accentuazione della voglia di perseguire l’unità deve essere forte tra di noi, ma poi bisogna anche definire le regole, le procedure, gli strumenti per praticarla. Le opinioni diverse sono una ricchezza, ma non devono tradursi in comportamenti diversi al punto da non vedere i cambiamenti. Siamo consapevole che la volontà è importante, ma forse non basta, occorre cercare l’itinerario che porta all’unità e riprendere il cammino. Un buon viatico per l’unità sindacale, potrebbe essere la Legge sulla Rappresentanza, ma anche su questo tema non c’è molta assonanza di vedute. Eppure la necessità di smontare la mistificazione, contenuta nei referendum proposti dai radicali, richiederebbe una iniziativa forte e meditata. Troppo forti sono i contenuti e le questioni sollevate nel corpo dei referendum. È letteralmente abominevole il tentativo di affermare un falso, dannoso per gli interessi collettivi del paese e della gente, quando spacciano la cancellazione di diritti come un’aggiunta di libertà. Dobbiamo, proporre a CISL ed UIL, di organizzare una campagna capace di convincere gli italiani, e quindi gli elettori, che questi non sono referendum contro di noi, contro i sindacati, ma contro i cittadini, contro le persone più deboli ed esposte. La cancellazione di diritti fondamentali non aumenta il grado di libertà ma consegna ai più forti l’arbitrio di colpire i più deboli, resi inermi dall’inesistenza di ogni tutela. Dobbiamo saper dimostrare agli elettori gli effetti materiali devastanti di quei referendum che aprono la via del massacro dei diritti dei più deboli. Un duro lavoro ci attende in un futuro prossimo, è bene rimboccarsi le maniche. |
Pescara 19 Novembre 1999. |