Non amiamo la mistica del declino, ma proponiamo una linea di sviluppo antirecessiva.
La recente sconfitta del centrodestra, in Italia e in Abruzzo, ha segnato la fine delle illusioni e delle promesse mirabolanti. Il campo politico, inoltre, si è riaperto a verifiche e discussioni che talvolta assumono toni piuttosto accesi (all’interno della Casa delle libertà) e dall’altra generano ottimismi che voglio sperare non si riveleranno facili e prematuri (nell’Ulivo). Se questa è la situazione, e lo è, può essere utile cercare di capire quel che accade anche nella nostra regione. È necessario farlo pubblicamente, sulle colonne di questo giornale, ma anche in sede politica, inviando una copia di questo intervento ai rappresentanti di tutti i partiti abruzzesi. La prima osservazione attiene al perché gli elettori (una parte di loro) hanno cambiato idea. Credo sia accaduto perché i cittadini, dopo aver dato credito all’annuncio di miracoli, sono tornati con i piedi per terra. Hanno dovuto prendere atto, dopo quattro anni di governo Pace (e tre di Berlusconi), che se la loro vita era cambiata, lo era in peggio. Anzi le letture rosee sono accolte con fastidio da chi vive crudamente una situazione di difficoltà ed insicurezza. La Cgil è stata in campo con lo Sciopero del 21 Febbraio 2003, da sola, contro il declino industriale dell’Abruzzo, successivamente con lo Sciopero generale, insieme a Cisl ed Uil, per rivendicare una politica pubblica anti-recessiva e per il rilancio dello sviluppo. Iniziative di lotta (la prima in particolare) definite politiche, pericolose, inutili e dannose perché governo di centro-destra e alcuni settori del centro-sinistra, davano una lettura diversa, e più idillliaca, delle prospettive economiche dell’Abruzzo. Gli studi della Fondazione Siemens-Ambrosetti sul ritardo della regione in materia di Pubblica Amministrazione, Ricerca e Formazione e di infrastrutturazione, la relazione della sede regionale (anno 2003) della Banca d’Italia, che esplicitamente parla di recessione e di dati sull’occupazione, allarmanti per la qualità dell’andamento economico e produttivo dell’Abruzzo CERTIFICANO e DIMOSTRANO, quanto siano state necessarie quelle iniziative di protesta e di proposta. Non ci piace l’idea di una Politica ( con la P maiuscola) assente, disinteressata ai temi dello sviluppo, della occupazione, del lavoro e dei diritti. Su questi temi la CGIL Abruzzo è stata in campo, indirizzando e condizionando la discussione, il confronto elettorale, aiutando – come ha dichiarato nella sua introduzione al Comitato Direttivo nazionale della Cgil il Segretario Generale Gugliemo Epifani- la crescita della chiarezza dei programmi elettorali. L’esito elettorale, nella tornata elettorale provinciale, è anche frutto di questo atteggiamento, di questo stare in campo della Cgil abruzzese e della conseguente crescita della voglia di partecipare degli individui e dei soggetti presenti, e protagonisti, nel mondo del lavoro e dei pensionati. Un ruolo di primo piano, naturalmente non l’unico, svolto non tanto nei confronti degli schieramenti (le accuse di “politicizzazione” servono soltanto a sviare il dibattito dal merito dei problemi…), ma interessato a riportare la discussione sulle cose concrete e sulla vita delle persone, per riaccendere i riflettori sui bisogni, sulle nuove povertà, sui diritti e sulle emergenze sociali, sulle vicende di tutti i giorni. Se l’agenda della politica resterà questa, se sfuggirà dai discorsi sui “contenitori”, se la smetterà di occuparsi di una riforma elettorale incomprensibile nella sua necessità, se eviterà di pensare alla riforma costituzionale (leggi Statuto Regione Abruzzo), carta valore fondante dello stare insieme dei cittadini abruzzesi, come un passaggio burocratico, non vissuto dalla collettività si riproporranno discorsi fumosi e includenti che non funzioneranno. Siamo convinti che gli elettori, fra un anno, premieranno chi saprà prospettare un percorso di cambiamento e di miglioramento reale della loro esistenza. Da parte sua, la Cgil abruzzese continuerà a svolgere questo compito. Lo farà alla luce del sole e senza ipocrisia: soprattutto con grande concretezza. A settembre questa organizzazione, la più grande e rappresentativa in Italia e in questa regione, avvierà un dibattito e un confronto interno dai quali scaturiranno idee e proposte che presenteremo alla classe politica abruzzese, una sorta di “piattaforma” regionale sulla quale chiederemo ai partiti di misurarsi e per la quale saremo esigenti e attenti. Nessuna commistione né cambio di ruolo dunque, ma una serie di proposte delle quali l’Abruzzo ha drammatico bisogno, l’avvio di un confronto che non sarà né saltuario né di facciata, ma che per quanto ci riguarda dovrà continuare nel tempo e nel rispetto dei ruoli che ognuno di noi riveste nella società abruzzese.
E’ un modo intelligente e utile, ne siamo convinti, di dare un contributo al futuro di questa regione. Un apporto positivo a una classe dirigente che dal confronto e dal dialogo potrà prendere gli spunti per crescere. Anche perché l’Abruzzo, continuando la politica degli ultimi anni, è destinato a decadere. Non servirà neppure aspettare il 2006, quando i fondi europei finiranno nei nuovi stati aderenti all’Unione: i segni di questo declino si avvertono già oggi, e con chiarezza preoccupante.
Cosa pensare altrimenti di una regione in cui l’occupazione statistica cresce, mentre il Pil (la ricchezza dei suoi abitanti) diminuisce? Gli economisti della Banca d’Italia, sede Abruzzo, parlano di un Paradosso abruzzese. La spiegazione non è difficile: se questo accade è perché si è scelta la strada più semplice: l’abbattimento dei diritti, la precarizzazione del mercato del lavoro, la corsa verso il taglio dei costi e non quella per far crescere la qualità dei prodotti e del lavoro. Tutti argomenti sui quali la stessa Confindustria ha finalmente avviato una discussione interna, prendendo atto mi auguro che le scorciatoie non servono neppure alle aziende. Come dimenticare inoltre gli affanni della sanità (che ogni giorno diventano gli affanni del cittadino-utente), oppure la protesta dei sindaci e degli amministratori locali, allarmati per un taglio dei finanziamenti governativi che rischia di tradursi in un crollo dei servizi sociali e collettivi? Non continuerò l’elenco dei problemi: sarebbe troppo lungo. Quel che invece la Cgil farà, a partire dai prossimi mesi, sarà di elaborare una serie di idee e di proposte, di avviare un confronto al quale chiamare gli attori della politica e la classe dirigente abruzzese.
FRANCO LEONE SEGRETARIO GENERALE CGIL ABRUZZO
Pescara, 14 luglio 2004