Mentre la formazione giallo verde si gingilla nelle schermaglie politiche della camera, approvando un testo di non decisione in risposta al documento sul TAV di Forza Italia, mi viene forte l’idea che sia giunto il momento di fare un’analisi Costi – Benefici sui contenuti del contratto e sulle mancate azioni del governo. Non possiamo esimerci, anche per onestà culturale, una volta conosciuti i dati Istat, sottoposti all’esame della camera, che danno la drammatica certezza sulla gelata del fatturato dell’industria. Stiamo drammaticamente parlando, di un – 7,3% in meno, che il Governo del cambiamento non intende assumere come certificazione che l’economia del paese è tornata indietro di dieci anni, siamo nei guai. I componenti della formazione giallo verde “pigolano” in coro: è colpa degli altri, continuando nella loro stucchevole ed eterna campagna elettorale, ma omettono di dire attraverso quali scelte hanno intenzione di dare voce alla necessità di modifiche della loro recente Manovra economica. Il punto è che nonostante le loro disarmanti e timide dichiarazioni sulla nettezza della loro azione positiva, anche in materia di realizzazione dei percorsi nell’uso delle risorse a disposizione che, naturalmente sempre gli altri, non avevano avuta la capacità di mettere in movimento, sentiamo parlare dell’apertura di cantieri e della messa in opera di azioni amministrative efficaci, mentre tutto è ancora fermo. Ai sindacati che, da Piazza S. Giovanni, hanno gridata ad alta voce la loro preoccupazione sull’altissimo dato di recessione, e che chiedevano in coro un incontro con il Governo arriva la risposta della consegna all’Europa delle risultanze di uno studio su costi e benefici del TAV. Estromessi dall’esame le parti sociali, nessun rispetto di coloro che rappresentano il lavoro e le imprese del nostro paese, oggi i nemici individuati dai Giallo verdi, che se ne inventano uno al giorno. Infatti dopo i sindacati , il prossimo nemico è “l’Unione europea” rea di avere comunicato che, se non c’è una tempestiva pubblicazione dei bandi di gara per l’assegnazione dei lavori per la realizzazione della tratta transfrontaliera della Tav, verrà applicata una secca riduzione di finanziamenti già concessi con le conseguenze facilmente immaginabili”. Dunque quelli della UE ci fanno sapere ciò che dovrebbe essere a tutti noto : le risorse già destinate al Tav non si possono spendere per altre cosa per asili, scuole, ospedali e per gli abruzzesi affascinati dalle promesse per manutenzione delle infrastrutture viarie o ferroviarie. Gli abruzzesi sappiano che questo parlare di altro, di dichiarare che anche le nostre esigenze e le nostre priorità verranno accolte è pura accademia comunicativa. Esigenze vere che hanno parenti nella realtà perché esprimono problemi concreti, ma non risolvibili con le risorse destinate ad un’opera ideata e finanziata per altri scopi di natura internazionali. La sostanza vera è che, in questo nostro Paese, per colpa di una visone miope e distorta dello sviluppo economico, si infliggeranno pesanti tagli all’occupazione in un settore che, a livello nazionale, ha già perso oltre 500 mila posti di lavoro negli ultimi dieci anni, portando negatività alle imprese e a tutta la filiera delle costruzioni”. Ma tutto questo non basta. Perché lamentarsi sugli “insulti” ricevuti dal Presidente Conte durante una seduta del Parlamento Europeo se egli rappresenta un governo inaffidabile dedito al blocco dei lavori dopo avere aderito, ideato e votato nel Parlamento Europeo e nel Consiglio Europeo tutte le progettazioni delle reti di Ten-T, cioè i grandi assi viari di comunicazione finalizzati all’interconnessione dell’Italia all’intero Continente Europeo. In questa fase di gelata economica e di recessione tecnica, l’Abruzzo già indebolito dalla flebile attività economica e produttiva, ha assistito inerte a discussione sul TAV e sulle alternative, che nel nulla del non concreto si andranno ad assommare ai deludenti ritardi accumulati nello sviluppo operativo del Masterplan. È opportuno riportare nella mente di tutti che l’attuazione del Masterplan avrebbe dovuto rilanciare settori importanti come l’edilizia e la ricostruzione post sisma, che al contrario marcano un crollo del 14,5 per cento, proprio nel biennio 2015-2017. Ne parliamo perché ci troviamo di fronte ad un dato in controtendenza, segnalato dal Rapporto 2018 Svimez, rispetto a tutto il Mezzogiorno. La crisi morde e morderà sempre più l’Abruzzo e, quindi anche noi abbiamo bisogno che il settore delle costruzioni riparta per dare ossigeno e speranza. Allora la manutenzione ordinaria e straordinaria, degli assi viari, ferroviari ed aereo-portuali con al centro le diverse e moderne concezioni della logistica, richiedono un Programma immediato e lungimirante per il rilancio dell’Abruzzo.
Dentro una idea che guardi:
- Alla dotazione infrastrutturale;
- Al sistema bancario ( cioè superare la grave situazione determinata dal trasferimento di cervelli, conoscenze e relazioni in altre sedi, lontane da ogni contatto con il territorio regionale;
- Alla rete e relazioni del sistema produttivo abruzzese tra Grande impresa (esportatrice e quindi ricca di conoscenza internazionale) e PMI per la crescita delle capacità di internazionalizzazione, innovazione e competitività.
In questi tempi dove opera un Contratto, che mette fuori moda le alleanze politiche, figliastre orfanelle di una politica passata, è bene che si apra la trattativa tra Presidente, con nuovo esecutivo regionale, frutto dell’alleanza di centro destra, con la diversa coalizione giallo verde del Governo del cambiamento. Una volta veniva chiamata Vertenza Abruzzo, ma non ha avuta grande fortuna, diamo pure un nome diverso, ma in questi tempi di “pericolosa” Autonomia Regionale differenziata è bene puntare su uno strumento solido di Accordo con il Governo Nazionale.