Il quesito non è mio ma posto dal Prof. Giovanni Gazzoli del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali che pubblica una riflessione su il Punto dove mette in evidenza una riflessione non solo indipendente, ma allarmante sul mondo del welfare. Lo studio parte dalla osservazione degli aggiornamenti dell’INPS,basato sulle richieste di accesso a Quota 100 con numeri che segnano un successo della misura, ma indicano, una volta sottoposti ad un’analisi approfondita,la necessità di tenere conto di segnali di reale preoccupazione sul significato della operazione. Al dunque stiamo parlando delle richieste di pensione anticipata sulla base dei requisiti scelti, che giungono al numero di quasi 53mila. Facendo, anche noi, riferimento alla lettura del Sesto Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano sappiamo che il 48,4% delle pensione di anzianità è erogato al Nord, il 29% al Centro e solo il 21,2% al Sud. Una suddivisione del numero delle pensioni per aree territoriali che trova un diverso riscontro nelle analisi delle domande per quota 100. Infatti sul totale nazionale di 52.918 richieste (N° al 18/02/2019), ben il 42% proviene da regioni del Sud, mentre Nord e Centro si dividono equamente il restante 58%. In sostanza, se il centro Italia resta in media, il Nord è dimezzato mentre il Sud è raddoppiato. Schematicamente per comodità di lettura, e di confronto, mettiamo le percentuali in Tabella, cioè:
% NORD
% CENTRO
% SUD (+Isole)
Rapporto N° Pensionati
48,4
29
22,6
Richieste quota 100
29
29
42
Le richieste sono, presumibilmente, congrue alla misura prevista dalla Legge di Bilancio 2019, perfezionata dal “decretone” del 29 gennaio scorso, sulla base dati forniti dall’INPS. Lo studio cerca di dare una lettura, di questa situazione inaspettata, che corrisponde ad un nostro esame sul campo, con la documentazione delle informazioni raccolte presso le sedi abruzzesi. Si evidenziano le richieste di lavoratori stagionali nei settori agricoltura e turismo. A rifletterci era intuibile che, in questi territori, caratterizzati, da lavoratori che operano in attività stagionali emergono presenze di situazioni che vantano un’anzianità contributiva elevata, unitamente a periodi di discontinuità lavorativa. Basta tornare, con la mente al fatto che molti sono lavoratori agricoli con servizio per 51 o 101 giornate l’anno e che poi percepiscono forme di sostegno al reddito. Sempre nei dati regionali, naturalmente su territori provinciali diversi, emergono richieste di lavoratori dei servizi legati al turismo. Stesso comportamenti, nelle varie sedi hanno i lavoratori autonomi, caratterizzati, come ricorda il Professor Grazioli e l’Abruzzo non fa eccezione, da molti anni di iscrizione all’INPS, ma con bassi e pochi contributi versati. Allora emerge che dello strumento faranno uso molte categorie professionali che accederanno a modesti importi delle pensioni a calcolo (per via dei modesti contributi versati). Squilla l’allarme rosso: il rischio di dover “integrare al minimo” le pensioni, con un ulteriore aggravio per la finanza pubblica. Naturalmente, e lo studioso ce lo riporta puntualmente alla memoria, che, in virtù del “divieto di cumulo”, è lecito attendersi un aumento del lavoro irregolare (già elevato) soprattutto al Sud, dove mancano grandi complessi industriali e le possibilità di lavoro “in nero” sono maggiori, ma anche nelle micro e piccole imprese del Centro e del Nord. E’ qui che si pone la necessità di dare una risposta al quesito iniziale: Quota 100, parlano i numeri: e se non fosse un bene?. Cioè non è opportuno chiedersi se è corretto dire che per ogni pensionato che esce dal mondo del lavoro corrisponde un giovane che vi entra? Sembra che le possibilità di una eventuale conclusione positiva di questo assunto sembrano prossime allo zero. Non è di conforto sapere che, in maniera sorprendente emerge un numero elevato di lavoratori del pubblico impiego. L’esame analitico delle richieste fa emergere il numero è di 18.271, ossia il 34,53% del totale. Eppure solo poco più di 3 milioni su circa 23 milioni di occupati italiani sono dipendenti dello Stato (Anno 2018 Annuario statistico – Ragioneria di Stato), vale a dire il 14%: meno della metà della percentuale di richiedenti Quota 100! Ma al di la della sorpresa, c’è da dire che almeno in questo caso potrebbe essere vincente l’idea Niente da fare difficile attuare una sostituzione elevata tra pensionati e giovani, se chi lo ha auspicato oggi al Governo, cui – in ultimo – spetta l’effettiva assunzione dei dipendenti pubblici, continua nella pratica del blocco del Turn Over. Se da questo fronte, al momento c’è poco da sperare, non è proponibile l’idea che un alto numero di sostituti provenga dall’alto numero di lavoratori autonomi richiedenti Quota 100. L’ultima sorpresa proviene da più di 9 mila domande di artigiani, commercianti e agricoli a fronte delle 19mila dei dipendenti. Se qualcuno pensava ad una staffetta generazionale e meglio che ci ripensi, da questi settori è più facile attendersi il proseguimento delle pratiche odierne fatto di lavoro non ufficiale, e quindi irregolare (un esempio intestare surrettiziamente l’attività ad altri). Insomma pensioni basse, per i motivi prima descritti, con un aumento del lavoro irregolare si sommi il danno atteso alle finanze pubbliche derivante dalla necessità di integrare al minimo parecchie di queste pensioni. Nel dettaglio dei contesti territoriali l’Abruzzo è tra le regioni che in proporzione agli abitanti ha avanzato più richieste. Le domande per quota 100 sono pari a N° 1.764 (divenute 2.482 al secondo monitoraggio 28 Febbraio 2019) , che proporzionalmente al numero degli abitanti (ISTAT 1.315.196) presenta una percentuale di richieste che raggiunge la vetta, seconda al solo Molise, a livello nazionale. Al primo monitoraggio era la percentuale più alta a livello nazionale, superiore alla media del Nord % 0,75,del Centro % 1,05 e del Sud % 1,23. L’Abruzzo non è territorio di grandi insediamenti industriali, e le analisi condotte sulla composizione del mondo del lavoro non danno dati confortanti sulla qualità della composizione e delle provenienze dei ruoli di lavoro svolti attualmente, dai richiedenti. La preoccupazione nasce sulla base di analisi condotte da tempo da parte nostra, (www.focusabruzzo.eu) sulla qualità della regionale e del suo PIL pro- capite. Infatti la nostra occupazione, si sviluppa nel contesto economico e produttivo di un territorio i cui numeri della qualità della occupazione non sono esaltanti. Tutti gli studi economici e sociali ci hanno raccontato le vicende di una regione sempre più disgregata, più divisa, più insicura dal punto di vista economico, sociale. Molti studi, indagini e rapporti redatti da Istituti prestigiosi ci hanno narrate le disuguaglianze e l’impoverimento di ampi strati sociali, fra cui i giovani, le donne e gli anziani. Se nell’anno 2008 l’occupazione si attestava su 511mila occupati, il 2017 si chiudeva con 20mila occupati in meno. La crescita successiva accentua il suo carattere precario ed instabile. Ma cosa è realmente accaduto agli abruzzesi , alle capacità di reddito dei lavoratori ?. Alcuni numeri ufficiali (Eurostat), cioè il PIL procapite ci racconta molto, infatti nell’anno 2008 era pari a 24.212 Euro anno, mentre nell’anno 2016 (è l’ultimo dato ufficiale Eurostat) Euro 24.100. La diminuzione del valore del PIL procapite nel periodo sono pari – 112euro. Una misera crescita congiunturale di occupazione sono i figli di nuovi contratti, che nella stragrande maggioranza sono a tempo determinato e/o stagionali, non generano lavoro stabile. In conclusione in materia di qualità del lavoro, Eurostat e Svimez, evidenziano come le aziende abruzzesi abbiano scelto soprattutto assunzioni che creano occupazione a bassa retribuzione. Infatti il nostro PIL regionale si colloca negli ultimi posti della graduatoria nazionale. È forte il sospetto che all’attuale situazione, tratteggiata successivamente nella Tabella, possono aggiungersi pensionati a basso reddito che accresceranno la spesa con gli aumenti delle risorse per le integrazioni al minimo, scarse speranze di sostituzioni delle persone che andranno in pensione, vista la loro composizione e , anche per il divieto di cumulo, dobbiamo attenderci un aumento del lavoro irregolare, che già è alto, anche a causa della mancanza di grandi complessi industriali e delle possibilità di lavoro “in nero” . I dati per adesso, anche nella nostra regione, danno una risposta al quesito iniziale: Quota 100 non è un bene