La Giunta Regionale ha deciso unilateralmente, e di fatto, la fine della Concertazione, delle attività del Comitato Regionale dell’Economia e del Lavoro e di tutte le procedure partecipative previsti negli accordi sindacali sottoscritti, nelle leggi di settore e di programma.

Sono confermate soltanto le attività di confronto con le parti sociali legate agli obblighi europei.

Esemplari, a questo riguardo, sono i comportamenti della Giunta regionale in materia sanitaria.

Il Piano Sanitario Regionale, ormai scaduto il 31 dicembre 2001, prevedeva un tavolo di confronto Regione-ASL-Sindacati, per la verifica della coerenza tra obiettivi programmatici e quelli raggiunti. Il Tavolo si è riunito una sola volta concludendo con l’obiettivo ambizioso di avviare il 3° Piano Sanitario regionale, di spostare le risorse in direzione del territorio, della prevenzione e della Rete dei Servizi sanitari (Distretti Sanitari di Base, Assistenza Domiciliare Integrata e Residenze Sanitarie Assistenziali). Nulla si smuove in quella direzione, anzi le ASL, continuano a non modificare il flusso di risorse a favore delle attività delle RSA.

Il nostro giudizio sulla scelta della Giunta di abbandonare il metodo della concertazione è decisamente negativo considerato che l’esperienza trascorsa ha prodotto contributi importanti allo sviluppo economico e sociale della Regione Abruzzo.

La Giunta a questo punto deve prendere atto che le relazioni sindacali avverranno sul terreno del confronto e della contrattazione tra le parti, su piattaforme rivendicative preventivamente approvate dai lavoratori e dai pensionati, e che gli incontri dovranno concludersi con accordi esigibili o mancati accordi che troveranno, a seconda della loro entità, risposte con iniziative di lotta e mobilitazione.

Le ricorrenti crisi e rimpasti della Giunta Regionale, il vorticoso cambio dei vertici della burocrazia regionale, le tante inadempienze e distrazioni legate all’inesperienza, la stasi operativa dovuta alla fase di apprendistato e l’insicurezza determinata dalla vicenda Salini, devono avere un termine.

La ritardata approvazione del Bilancio Regionale che, tra l’altro, ha letteralmente bloccato l’uso delle risorse necessarie allo sviluppo economico e sociale abruzzese, e le sue, da noi ampiamente denunciate, incertezze d’impostazione non possono essere ripetute in una prossima occasione.

Dovrà essere il nuovo Documento di Programmazione Economica e Finanziaria (DPEF) regionale – del quale lamentiamo il ritardo della presentazione –  a dire quali sono le reali intenzioni della Giunta Regionale sui tanti temi che riguardano lo sviluppo dell’Abruzzo.

Noi espliciteremo le nostre valutazioni di merito, le nostre richiese e priorità con documenti e piattaforme rivendicative.

La Giunta Regionale, deve misurarsi con i temi del lavoro, della democrazia partecipata, della solidarietà e della inclusione sociale.

Esigeremo che il DPEF regionale tenga conto delle nuove competenze dettate dal federalismo fiscale e che la Regione si orienti ad una lotta decisa all’evasione fiscale e delinei un uso della leva fiscale mirato: all’equità, al sostegno ed all’accrescimento del sistema di protezione sociale abruzzese, al riequilibrio territoriale attraverso lo sviluppo delle zone interne.

Deve essere assunta, come questione centrale,  la Sanità che, oltre ad esser sottoposta a continue politiche di destabilizzazione dei suoi gruppi dirigenti, sta registrando un aggravamento della situazione in termini sia di deficit del sistema che di disagio alla cittadinanza.

L’ulteriore spinta verso la totale autonomia del sistema sanitario regionale, può aggravare questa situazione, che  richiede una particolare attenzione per la difesa dell’universalità del servizio e la garanzia dei livelli essenziali di assistenza in essere.

Sono necessari: il recepimento della Legge 229 (riforma Bindi), il potenziamento dei servizi territoriali della prevenzione, la realizzazione dell’integrazione socio-sanitaria, l’applicazione piena del Piano sanitario regionale e dopo il varo del 3° Piano Sociale regionale, si evidenzia la necessità di un corretto recepimento della legge sull’assistenza e una politica di rispetto dei diritti contrattuali e normativi dei lavoratori impegnati nei servizi sociali.

La proposta ESA, il ritardo accumulato nell’attuazione del processo di delega agli Enti territoriali, evidenziano un modello regionale neo-centralista, al quale la CGIL contrappone un modello di decentramento diffuso e di netta separazione delle attività di Programmazione – indirizzo – vigilanza-controllo, dalle attività di gestione delle funzioni pubbliche da attribuire alle istituzioni locali, Comuni e Province.

Si tratta, dunque, di innovare profondamente le pratiche che stanno caratterizzando il Governo di Centro-destra della Regione.

L’assenza totale di capacità programmatoria di utilizzo delle risorse pubbliche ed il neo-centralismo con cui la Regione ha risposto alla riforma federale dello Stato si sono accompagnate ad una sostanziale assenza di ruolo della Regione nelle politiche industriali e nelle politiche di settore (energia, trasporti rifiuti).

Altrettanto grave è stata l’assenza di iniziative nei processi di ristrutturazione dei grandi gruppi industriali pubblici e privati, mentre si dà luogo ad improvvidi stravolgimenti della rete della distribuzione commerciale in dispregio dei diritti dei lavoratori.

Valgono alcuni esempi del settore industriale: chiusura polo AGIP Ortona; crisi sempre più drammatica delle aziende delle telecomunicazioni e del settore informatico; mancato consolidamento e sviluppo dell’indotto dell’auto.

Il DPEF dovrà, inoltre,  essere l’occasione per intervenire sulle nuove povertà agendo anche sul versante della normazione fiscale e delle politiche tariffarie, a livello regionale e locale, garantendo il raggiungimento della soglia minima reddituale già definita dallo stesso Governo.

La CGIL ribadisce la centralità del suo impegno a favore di politiche e programmi di accoglienza, solidarietà ed integrazione sul territorio dei lavoratori immigrati e delle loro famiglie.

Una particolare attenzione deve essere dedicata alle problematiche dell’istruzione e formazione, anche a fronte di iniziative estemporanee in corso nel Consiglio regionale. La scuola richiede un impegno forte per arrestare ed invertire le tendenze messe in campo dal Governo di Centro destra. Il progetto del Ministro Moratti  punta a disarticolare la scuola pubblica e i suoi caratteri democratici e pluralistici assumendo a riferimento programmatico un modello sociale individualistico e mercantile.

Una rinnovata azione rivendicativa della CGIL si rende necessaria anche sulla base dei dati di consuntivo, pubblicati dalla SVIMEZ, sull’andamento dell’economia regionale che registra un consistente rallentamento del tasso di crescita del Prodotto Interno Lordo abruzzese che passa dal 5,9% (variazione media annua) all’0,4% .

E’ urgente per la CGIL la necessità di verificare il perché della creazione, nel 2001, di un PIL regionale così modesto e inferiore a quello medio nazionale che si è attestato pari all’1,8%.

La Regione Abruzzo deve dotarsi di una politica di sviluppo strutturata, e non episodica, programmata e non quotidiana e varare con urgenza nuove leggi di settore coerenti ad un disegno ordinato di crescita economica, produttiva e sociale.

Le decine di crisi aziendali, la latitanza in settori vitali per lo sviluppo abruzzese, richiedono una forte inversione di tendenza. La CGIL è impegnata su questo fronte di cambiamento e di innovazione culturale e programmatico.

Un cambiamento richiesto dalla vertiginosa trasformazione del  Mercato del Lavoro abruzzese investito da processi di esasperata flessibilizzazione e precarizzazione dei rapporti di lavoro.

La presenza di lavoro nero nei grandi impianti (dati INPS regionali), l’accentuarsi della dequalificazione, formativa, l’aggressione diffusa ai diritti fondamentali contrattuali e di legge delle persone che lavorano, sono l’humus sul quale poggia l’arretramento dello sviluppo abruzzese rilevato dal rapporto SVIMEZ.

La CGIL, su questi temi, intende aprire una stagione di confronto con le istituzioni, con le forze economiche e sociali della regione e con gli schieramenti politici della società abruzzese, per misurarsi su politiche tese a realizzare uno sviluppo sostenibile e finalizzato ad una piena e buona occupazione attraverso: la qualificazione delle reti infrastrutturali e dei servizi; politiche volte all’accrescimento della competitività del sistema produttivo regionale; interventi mirati all’innovazione tecnologica, di prodotto e di processo; politiche della istruzione, della formazione e della ricerca; la qualificazione di tutta la pubblica amministrazione a partire dall’Ente Regione.

 

Pescara lì, 18.7.2002

 

 

Di Franco Leone

ex Segretario Generale della Cgil Abruzzo - ex Seg. Generale Cgil Pescara e dello Spi Regionale.