Fitousi apre una finestra quanto ci invita tutti a fare due chiacchiere e decidere di riflettere sull’operato del Presidente Draghi e del suo governo. Con poca umiltà, esercito un richiamo a quanto scritto su “Il Faro” il 9 Marzo 2021. Circa nove mesi fa. Un articolo dal titolo “Una società più ricca perché diversamente ricca”. Riccardo Lombardi, anticipava le cose dette dall’economista. Infatti Fitousi, in una intervista rilasciata su “Il Fatto” ad Antonello Caporale, segnala la necessità dell’avvio del “tassametro” sul grado di esaurimento della “disponibilità e responsabilità” della sinistra italiana rispetto ai contenuti ed impostazione di Draghi.
Chiedersi da subito se, in questa fase di crisi economica e sanitaria, di crescita della povertà, non sia giusto riferirsi all’utopia lombardiana, accettata a suo tempo propria dalla sinistra europea: realizzare una “società diversa, più ricca perché diversamente ricca”. Una sinistra che si libera di un “infruttifero” rapporto con gli strumenti della comunicazione odierna, con un basta al prodotto velenoso propinatoci da proprietari di mezzi “poderosi”, intenzionati all’esercizio della sola volontà di incisione sul contesto per piegarlo ai propri interessi. Uno stop all’obiettivo di “destabilizzare” qualsiasi equilibrio si determini nelle Istituzioni o si tenti di realizzare. Una nuova razza padrona con l’unica ambizione ad informare per condizionare ed imporre un primato, senza avere né il mandato elettorale ne titolo alcuno. La sinistra ha il dovere di proteggersi dagli interessi “anti popolari” che circolano nei Media ormai strumento di un marketing dove le idee sono facilmente sostituibili e dove conta il “sé stesso” offerto come prodotto. Norberto Bobbio che, sulla democrazia nelle sue tesi descriveva la politica come mercato delle idee non po’ appartenere alla categoria del demodé. La sinistra deve essere protagonista della denuncia della diseguaglianza che sta erigendo un proprio muro in questa fase della Pandemia. Una fase che è letteralmente divoratrice delle capacità di spesa, di reddito e di protezione sociale di milioni di persone, riducendole alla povertà, mentre alcuni stanno “lucrando” uno sproposito concentrando nelle proprie mani ricchezze enormi. Ed ecco perché le parole del Draghi presidente attorno alla frase: non è il tempo di prendere, ma di dare sono pura propaganda politica. Non è accaduto che abbia avuta ospitalità una qualsiasi idea di redistribuzione, una forma di solidarietà nella distribuzione delle ricchezze, per riequilibrare una pericolosa fase al rischio di declinazione in “profondi conflitti sociali”. Cgil ed Uil hanno testimoniato, scendendo in piazza, che non è così che si muove il governo italiano. Eppure, l’arrivo di una deriva era già in agguato perché già viveva nei programmi e nelle idee espresse, già da tempo molto prima della assunzione dell’incarico a Presidente del Consiglio italiano da parte dello stesso Draghi. È sempre più evidente che la verità è contenuta nel precedente nuovo manifesto del rilancio del “liberismo” in Europa, tenuto a battesimo dal Prof. Draghi. Infatti, introducendo il G30, lo stesso scrive insieme ad altri, che nell’attuale contesto fino, ed oltre, la conclusione della Pandemia, le risorse in campo devono essere indirizzate, senza dimenticare di favorire l’operatività del sistema finanziario bancario da impegnare per il sostegno delle Imprese, ma facendo scelte sul ruolo dello Stato chiamato a tutelare l’impatto importante sulla sostenibilità del debito pubblico. Nella pura logica delle politiche dell’Austerità e dell’obiettivo di lotta all’indebitamento si capisce quale è il suo legame con la crescita. Il tema del benessere delle persone, della loro condizione di vita, del superamento dei livelli retributivi sempre più bassi (soprattutto in Italia) non vengono nemmeno sfiorati, e comunque sono successivi al crescere dell’unico punto di riferimento che resta il PIL. Il sospetto che lo schema liberista, senza le opportune riflessioni sui limiti manifestatisi con le ricordate politiche, monetariste e di austerità, che hanno caratterizzato questi decenni che ci separano dalla fondazione dell’Europa, non prevalgano di nuovo distribuendo risorse alle imprese ed al la strumentazione finanziaria, mentre l’esercito della nuova disoccupazione diventa la linfa vitale, per una economia organizzata per l’arricchimento di pochi. Per questo si pone la necessità di una sinistra alternativa in grado di evitare che occupazione, salari e qualità della vita siano fattori che arrivano dopo (la sempre longeva fase del secondo tempo). Eppure molti sacrifici già si fanno, la crescita della povertà esiste mentre c’è chi arricchisce. Per cui da qualche parte deve giungere un secco NO alla distribuzione ineguale della ricchezza, evitando una progettazione nell’uso dei Fondi Europei che facilitano la privatizzazione dei profitti e la socializzazione del debito, tutto assegnato allo Stato, cioè a noi. Evitare lo schema antico: debito pubblico socializzato, utili e ricchezza concentrata nelle mani di pochi. D’altra parte, è bene ripeterlo, gli Istituti specializzati raccontano ancora una volta che la Pandemia ha continuato ad impoverire molti, ma ad arricchire pochi. Se nel suo Manifesto il gruppo G30 non ha negata nemmeno la necessità di approfondire il tema dello stato di salute del sistema bancario, così importante per il sostegno delle imprese in questo tempo di grande crisi di liquidità, ma ha anche avanzata un’ipotesi di un carico sulla collettività, che dovrebbe caricarsi, dall’aumento dei crediti deteriorati da attendersi da tutto il sistema bancario in gran parte del mondo. La sinistra deve percorrere la nuova strada aperta dalla CEE che offre percorsi innovativi, basati su due fondamentali proposte, a suo tempo avanzate da Jacques Delors, che riguardavano: il rafforzamento del Bilancio comune e la emissione dei titoli europei. Emerge la utilità del concetto di Riccardo Lombardi, già richiamato all’inizio di questo testo, che fece arroventare il dibattito politico tra i socialisti europei, che stabili giunto il momento di passare dall’utopia al concreto. È giunta l’ora di operare per la realizzazione di una “società diversa, più ricca perché diversamente ricca”. Ciò significa che la sinistra deve abbandonare definitivamente l’idea della esistenza di una sorta di “diarchia” tra l’affrontare subito i temi posti sul terreno strettamente economico per successivamente misurarsi su quello dei valori sociali. “Diversamente ricchi” ossia l’attualità dell’idea, formulata nel 1967 da Riccardo Lombardi, vuol dire che è l’uomo con i suoi bisogni, con il suo ruolo e con le sue esigenze, se la sinistra vuole avere un domani, ad essere al centro del progetto della Europa dei popoli dove la buona occupazione diviene questione principale per la persona umana portatrice di bisogni materiali , casa, lavoro e salario dignitosi . Beni essenziali per la sopravvivenza ma anche di bisogni immateriali come salute, tempo libero, qualità della vita, cultura, indispensabile per la crescita, lo sviluppo personali: ogni individuo deve decidere della propria esistenza e della propria vita. Durante e non dopo la scelta degli elementi, produttivi e di finanza, in grado di ricostruire il PIL. Oggi alle prese con la costruzione del progetto di uso delle risorse del Recovery, non bisogna mai dimenticare il ruolo che impegna la sinistra alla realizzazione di una democrazia economica ed industriale alla base di una società in cui ogni individuo può sviluppare liberamente la sua personalità.