Cari delegati e care delegate, gentili ospiti, arriviamo a celebrare questo IX Congresso Regionale della CGIL Abruzzo a conclusione di un percorso di dibattito democratico sui documenti congressuali nazionali fortemente partecipato da lavoratori, lavoratrici, pensionate e pensionati.

Alle 1.061 assemblee di base hanno partecipato 17.916 uomini e  7.614 donne, mentre più di 1.300 delegati hanno proseguito la discussione, approvato documenti e ordini del giorno che arriccheranno il dibattito che ci apprestiamo a svolgere in queste due giornate.

Ci preme sottolineare la nostra comune soddisfazione nell’avere organizzato un dibattito così ricco, concorrendo attivamente come CGIL Abruzzo a definire una platea nazionale di assoluta rilevanza democratica stimata intorno a un milione e mezzo di iscritti che hanno discusso e votato.

Maggioranza e minoranza, tutti, ci siamo preoccupati di fare esprimere liberamente i nostri iscritti e  non si sono segnalati episodi di polemica aspra meritevoli di particolare attenzione.

Maggioranza e minoranza, non precostituite, ma definite dal voto, attraversate da una forte e comune passione politica, mai dominate dal voi e dal loro, hanno ricercato  le motivazioni unitarie ed ideali che fanno forte una Cgil, che in Abruzzo, rappresenta oltre 115. mila  iscritti, con una crescita, rispetto all’ultimo Congresso  di  13mila nuovi iscritti.

Una crescita, quantitativa e qualitativa, che ha già pesato nelle occasioni più importanti come quelle del voto per le Rappresentanze sindacali unitarie.

Nel 2001, infatti, per la terza volta consecutiva il tesseramento della   Confederazione si è chiuso con il segno più.

E l’aumento non riguarda solo i pensionati, ma soprattutto i lavoratori attivi, con risultati   significativi tra i giovani, le donne e gli immigrati.

Nel frattempo, dopo il successo della Cgil nelle elezioni delle Rsu del  pubblico impiego nel 1998 e la conferma della sua consolidata presenza  nell’industria, ci sono stati risultati assai confortanti nelle grandi aziende dei servizi e nelle Ferrovie, fino ad arrivare alla vittoria netta nelle elezioni della scuola nel 2000, dove i consensi per la lista della Cgil sono stati di molto superiori, anche rispetto alla più rosea delle previsioni.

I risultati nelle elezioni delle rappresentanze sindacali, nella Scuola e nel Pubblico Impiego, vedono, all’interno del consolidamento del sindacalismo confederale, un’affermazione delle liste della Cgil in termini di Seggi e Voti che ne fanno il sindacato maggioritario e più rappresentativo.

Gli eletti sono iscritti alla Cgil, ma anche tanti semplici simpatizzanti che hanno condiviso i nostri programmi e le nostre proposte.

Durante il Congresso ci siamo interrogati sulle motivazioni  di consensi che superano, sistematicamente, il numero di iscritti della Cgil Abruzzo, e sul perché tante persone si rivolgono a noi, chiedono una più forte partecipazione ed esplicitano l’esigenza di una richiesta di rappresentanza di carattere più generale.

Una domanda che noi avvertiamo sempre più pressante, che  nasce all’indomani degli esiti elettorali regionali, in Abruzzo, del 16 Marzo 2000 e delle elezioni politiche del 13 maggio 2001  che hanno segnato due sconfitte politiche del centro-sinistra, anche se l’ultimo voto politico ha fatto emergere una società percorsa da profonde divaricazioni culturali e da valori alla ricerca di ridefinizione.

Con i tanti che hanno affollate le nostre discussioni, che si sono avvicinate, alla politica ed al sindacato, ai quali  abbiamo fornite le nostre sedi  abbiamo anche discusso del valore fondativo della diversità, della dialettica e del  pluralismo che alimentano la vita della Cgil.

Percepiamo che nella deriva di centro-destra del quadro politico, i valori fondativi che rappresentano storicamente la Confederalità e le pratiche rivendicative ad essi coerenti della CGIL sono divenuti fattori di attrazione di consensi del mondo del lavoro e più in generale delle componenti democratiche della nostra società nazionale.

E’ attraente per milioni di lavoratori, lavoratrici, cittadini democratici il Progetto politico della CGIL fondato sulla rivendicazione dei diritti del lavoro come diritti universali, appartenenti a ciascun lavoratore;  sulla definizione di un programma economico e sociale, sintesi delle esigenze del mondo del lavoro; sulla coniugazione, come ricorda acutamente il Prof. A. Pepe nella sua recente ricerca storica sulla CGIL, tra pressione del conflitto organizzato e determinazione al confronto, alla trattativa con le controparti private e le istituzioni, a tutti i livelli.

Il centro-destra rifletta sul  buon uso dei voti ricevuti, abbandoni la rozzezza di programmi neo-liberisti e populisti, e desista dall’idea di  colpire un sistema di relazioni sociali coeso, una legislazione del lavoro che è parte integrante  di anni ed anni di costruzione del tessuto democratico del Paese.

Naturalmente sapevamo già che la  Casa della Libertà  non avrebbe mai preso atto degli inequivocabili risultati del referendum sulla Libertà di Licenziamento, unico quesito referendario, tra i tanti proposti, respinto nettamente con una valanga di NO.

In una politica dominata da immagini e sondaggi, qualcuno dovrà pur tenere conto di questo segnale così forte e netto che è venuto da un corpo elettorale, che si è pronunciato a larghissima maggioranza per la tutela dei diritti individuali e collettivi del lavoro acquisiti nella storia democratica del nostro Paese.

Una questione politica che assume un valore forte.

Ed è falso affermare, ci ha provato il Ministro del Lavoro Maroni, che è l’Europa a chiederci un intervento deciso sui diritti del lavoro, pena forti sanzioni.

         Caso mai è l’esatto contrario.  L’Europa chiede, all’Italia, di individuare un sistema di regole che armonizzi, in alto, i diritti del lavoro del nostro Paese, per non dare spazio ad illegittimi sostegni alle imprese nel rispetto di un sistema competitivo e concorrenziale.

La strategia europea in materia di occupazione è stata definita nell’ambito della revisione dei Trattati che ha accompagnato il percorso di convergenza monetaria segnato dalla nascita dell’Euro, con l’intento di bilanciarlo attraverso una progressiva convergenza anche per ciò che riguarda la dimensione sociale.

Senonché il Libro Bianco, con grande disinvoltura, tenta di accreditare l’idea che la destrutturazione del sistema giuridico su cui si reggono i rapporti di lavoro nel nostro Paese rientri in questa strategia.

Falso: una spinta eccessiva in senso liberista ci porterebbe lontani dall’assetto di regole che si va consolidando a livello europeo, imperniato su un sistema di contrappesi tra regole della competitività internazionale e tutela e salvaguardia dei diritti di chi lavora.
Ampi settori del mondo imprenditoriale sono stati attratti dal  programma del centro-destra, che ha avuto il sostegno esplicito da parte dei grandi poteri finanziari e industriali, come la Confindustria e la  Fiat.

Dietro questa scelta c’è l’idea della centralità dell’impresa, affermata a   Parma sia dal presidente di Confindustria che dal leader del Centro-destra.

Attorno a questa idea si esercita il tentativo di  saldare un blocco sociale, di vago sapore peronista.   Noi siamo contrari a che si realizzi questa ipotesi.

Siamo contrari alla virulenta  offensiva culturale e politica, che rimette in discussione i principi fondamentali del dettato costituzionale, che individua nel lavoro, nel suo valore e nella sua tutela, un punto centrale della tenuta del tessuto democratico del nostro Paese.

La bozza di Statuto della Regione Abruzzo sembra acquiescente a questo stravolgimento culturale e politico dei fondamenti costituzionali.

C’è, in buona sostanza, un allontanamento dai principi di democrazia partecipata che per noi sono e restano fondamentali.

Lo ribadiamo in questa fase di elaborazione dello Statuto regionale, che ci vedrà, appena dopo il Congresso, solerti protagonisti.

La democrazia e la partecipazione non sono per noi mode. L’una e l’altra le stiamo rivendicando  su  temi come la scuola, la famiglia, la libertà delle donne e la giustizia, sui quali il Governo continua ad  intervenire con il chiaro obiettivo di ledere gravemente fondamentali diritti civili che lo Stato laico deve garantire.

Ma la difesa di questi diritti fondamentali richiede una forte condivisione popolare, un sindacato unitario ed una diversa attenzione dello  schieramento democratico.

Il fronte delle alleanze sociali del  centro-destra, non è riconducibile solo ai “poteri forti”. Il programma del centro-destra ha  avuta una capacità di attrazione anche in aree che non dovrebbero ritrovarsi in quel blocco sociale ed elettorale: i giovani ad esempio, i tanti pensionati, ingannati da demagogiche promesse e le fasce di emarginazione soprattutto   nelle periferie delle grandi città e più in generale nel Mezzogiorno.

È questo il contesto nel quale dobbiamo  affrontare il tema di un rilancio forte del  sindacato unitario e non di sindacato  unico, con la consapevolezza delle diversità, che per molti anni sono state la chiave del successo e della forza del sindacato confederale.

Noi pensiamo però che si debba evitare la pratica  deleteria e distruttiva degli accordi separati, ricorrendo alla ricomposizione delle diversità e   dei dissensi tra CGIL CISL e UIL.

Occorrono discussioni esplicite e trasparenti; dove però la volontà dei gruppi dirigenti del sindacato non può essere la sola sufficiente a dirimere i contrasti. Dove non ci fosse possibilità di sintesi unitaria tra le Organizzazioni, va attivata e percorsa la democrazia nel rapporto con le persone che lavorano e per le quali si contratta.

La stragrande maggioranza delle attività contrattuali di un sindacato è  destinata a persone che lavorano e dunque sono esse che, in ultima  istanza, devono decidere.

Basterebbe scegliere il principio dell’accettazione dell’opinione della maggioranza di lavoratrici e lavoratori, anche  quando questa è diversa dalla nostra.

L’alternativa è l’offesa democratica arrecata con l’accordo separato sul Contratto dei metalmeccanici, dove la stessa entità e le interpretazioni quantitative sulle tutele salariali, appaiono insignificanti rispetto ai diritti lesi sulle modalità di decisione da pare dei lavoratori.

Uno strappo duro che pur dovrà trovare una conclusione. La raccolta di firme per la tenuta del Referendum sul Contratto dei Metalmeccanici, gli scioperi indetti dalla Fiom, la imponente Manifestazione di Roma sono stati ampiamente partecipati e sono andati oltre ogni previsione prevista di adesione.

La Cgil ha seguito e sostenuto con attenzione questa battaglia che riguarda la democrazia nel mondo del lavoro.

Tocca a Cisl ed Uil ora dare chiari segnali di attenzione e di volontà di superamento dello strappo i cui effetti hanno provocato un indebolimento delle capacità di tutela collettiva  dell’intero mondo del lavoro.

Si potrebbe iniziare a ragionare sul valore vincolante, per l’approvazione di piattaforme e  accordi sindacali, della consultazione delle lavoratrici, dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati interessati, attraverso l’espressione di voto degli stessi, magari, producendo accordi e patti, tra i sindacali confederali, per usare  gli stessi criteri previsti dalla proposta di legge su rappresentanza e rappresentatività unitariamente condivisa.

Ma dobbiamo mettere fretta a questi ragionamenti perché incombe l’esigenza di affrontare la grande novità politica data da  un sistema bipolare che pretende un sindacato unitario, con regole chiare di funzionamento al suo interno.

Un sindacato che, sulla base di un programma, si misura nella fase elettorale con le coalizioni e poi, sempre sulla base del suo programma interagisce con il  Governo, concerta gli obiettivi, promuove il conflitto quando non c’è condivisione degli stessi o non sono rispettati gli accordi stipulati.

La realtà dei rapporti tra i sindacati confederali, anche per la mancanza di una legge sulla rappresentanza e sulla rappresentatività, è stata negli  ultimi tempi quella di una “unità competitiva”, con forti spinte  centrifughe.

Senza certezza della rappresentanza il lavoro di un sindacato confederale diventa più difficile e la stessa sua funzione contrattuale è messa seriamente a rischio dall’arbitrarietà, già disegnata dal Libro Bianco del Ministro Maroni, che dichiara esplicitamente, come decisiva, la prassi del semplice riconoscimento reciproco, a prescindere dalla reale  rappresentanza e rappresentatività delle parti sociali.

Non va poi sottovalutato il fatto che una rappresentanza sociale con regole chiare ed esigibili è un tassello indispensabile per la stessa   democrazia più generale del paese.

Ma per fare questo, c’è bisogno che il  sindacato confederale italiano ritrovi la propria unità.

Per il sindacato confederale l’unica scelta   possibile è quella di stare dalla parte del lavoro; dalla parte dei giovani e del loro diritto a una formazione e a un lavoro di qualità; dalla parte delle donne, della loro libertà di scelta e autodeterminazione,  della loro giusta aspirazione a conciliare tempi di vita e tempi di lavoro per sé e per  tutti; dalla parte di chi, anziano, esige un riconoscimento di  dignità e un diritto di cittadinanza eguale.

Riconsegnare al dibattito del sindacato confederale abruzzese questi riferimenti certi è l’impegno che si assume questo congresso della Cgil Abruzzo.

Per la verità possiamo affermare, che insieme, con Cisl ed Uil, stiamo facendo qualche passo importante nella nostra regione in questa direzione.

Abbiamo dato un piccolo contributo al riallacciarsi di rapporti unitari scegliendo la strada del confronto schietto, e producendo nel contempo importanti prese di posizioni su molti argomenti essenziali per lo sviluppo sociale, civile ed economico della nostra regione.

Mi riferisco in particolare alle comuni posizioni espresse nella  Piattaforma varata dall’Attivo Unitario Regionale sui temi della Programmazione, della Finanziaria, della rete dei servizi socio-sanitari dello sviluppo agricolo ed ambientale; alla presa di posizione unitaria sul ruolo dei grandi gruppi nella nostra regione, accompagnata dalla denuncia sui processi di dismissione di grandi aziende, quali le Poste, Telecom, Ferrovie, Eni-Agip, Autostrade;  ed, ancora al Documento sui temi della Sicurezza nei luoghi di lavoro.

Quest’ultimo documento è stato il supporto fondamentale per la scelta dell’Abruzzo quale sede nazionale per lo svolgimento della manifestazione del 1° Maggio dedicato al tema “Più Sicurezza nei luoghi di lavoro”.

Ed è bene ricordare, che a quella Manifestazione hanno parlato, insieme e dopo tanto tempo, i tre Segretari Generali Nazionali Cgil-Cisl-Uil.

Una occasione che ha dato maggiore slancio alla nostra iniziativa sui temi sulla Sicurezza che già avevamo assunto come prioritari istituendo uno specifico Dipartimento Regionale della CGIL, dotandoci di un progetto di lavoro e individuando un responsabile che ha confermato nel concreto esercizio delle sue funzioni una fortissima passione politica.

Abbiamo deciso di portare avanti un programma di lavoro in grado di fare crescere la cultura della Sicurezza tra di noi, nella Confederazione e nelle categorie, e che facesse della Sicurezza un tema centrale della contrattazione a tutti i livelli.

I Congressi territoriali e di categoria hanno approvato uno specifico documento regionale su questo tema. Ora il nostro Congresso regionale dovrà decidere un percorso concreto di gestione coordinata di questi impegni.

Dopo insistenze nella richiesta di operatività concrete ed incontri, con il Presidente Pace e l’Assessore alla Sanità, abbiamo strappato l’impegno affinché l’Assessore al Lavoro eserciti un mandato, per predisporre  un Progetto Speciale ed operativo in materia di salute e sicurezza, comprese le fasi di Informazione e di formazione, dei lavoratori e dei Rappresentanti della Sicurezza.

Se vogliamo però strapparci di dosso la maglia nera degli infortuni, mortali e non, dobbiamo  sviluppare una decisa iniziativa nei confronti delle Asl e dei manager  per l’immediato rispetto dei contenuti del Piano sanitario regionale in materia di organici.

Perché non riprendere, magari unitariamente, l’iniziativa a suo tempo prodotta dai compagni della Cgil di Pescara che riuscirono, con assemblee cittadine e  attraverso la raccolta di ben 25 mila firme, a creare una  forte mobilitazione sui temi della salute dei cittadini della provincia e della sicurezza nei luoghi di lavoro?

Chiediamo, a nome del Congresso, con il rispetto dovuto e senza nessuna velleità impositiva, o da primi della classe,  ai segretari di regionali di Cisl ed Uil, se nella fase di mobilitazione che ci attende sui temi dello sviluppo regionale, sulle questioni poste nella nostra Piattaforma che non ancora trovano risposta, comprese le priorità che abbiamo indicate per la Finanziaria Regionale 2002, una loro valutazione sulla utilità di una grande Assemblea sui temi della sicurezza con la partecipazione di tutti i rappresentanti.

Cgil. Cisl ed Uil sono chiamati a riflettere su di una circostanza: nei luoghi di lavoro ove vi è la presenza dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza si è avuta, negli ultimi tre anni, una riduzione media di infortuni pari al 27,8.

Un’altra coincidenza, con la diminuzione degli infortuni, si verifica quando l’informazione se ne occupa diffusamente. Forse è una caso, ma ringraziamo gli operatori della informazione, per questo servizio alla vita dei lavoratori.

Noi pensiamo che dopo questo Congresso, e successivamente a quello della Uil, possiamo dare corpo ad un attivo regionale unitario dei quadri e delegati, per  fare vivere ai nuovi organismi dirigenti una fase di verifica dei punti contenuti nella Piattaforma sindacale regionale e chiedere a loro, unitamente ad  assemblee nei luoghi di lavoro e a direttivi unitari territoriali una mobilitazione straordinaria che rilanci il ruolo ed il punto di vista del sindacato abruzzese sui temi dello sviluppo regionale.

In questo modo possiamo dare un contributo straordinario alla recuperata azione unitaria, che ha portato alla stipula di importanti contratti collettivi nazionali, allo sciopero di due ore con assemblee nei luoghi di lavoro sull’articolo 18, alle importanti iniziative e scioperi nella Pubblica Amministrazione, nella scuola e nei trasporti.

Come pure sono stati di particolare rilievo sia lo Sciopero Generale Nazionale di due ore contro la Legge Delega al Governo in materia di diritti dei lavoratori, sia lo sciopero generale nazionale del Pubblico Impiego e la recente proclamazione di quattro ore di sciopero generale da effettuarsi tra il 14 al 29 gennaio articolate su base provinciale.

Nella nostra regione, abbiamo dato unitariamente l’indicazione che le quattro ore di sciopero generale si svolgano nella giornata del 25 gennaio, con la organizzazione di  manifestazioni provinciali davanti alle sedi delle Associazioni imprenditoriali.

Dovremo lavorare con attenzione, però, attorno allo sciopero, con manifestazione e corteo che  si svolgerà a L’Aquila sempre nella giornata del 25 gennaio, indetto da CGIL CISL UIL provinciali sui contenuti definiti dall’attivo unitario provinciale al quale ha partecipato nella giornata di ieri  il Segretario nazionale della Cgil Sergio Cofferati.

Questa iniziativa di lotta, oltre ad alcune ben definite priorità di carattere locale, pone al centro alcuni punti della Piattaforma Regionale legata sia alla crisi del settore delle comunicazioni e degli appalti che esprime nel polo aquilano un  punto  forte di crisi, alla quale si accompagna la ormai insopportabile vicenda della ex Telettra di Chieti, sia alla necessità di una risposta operativa ed efficace all’impoverimento delle zone interne e segnatamente della Valle Peligna e dell’Alto Sangro, mentre si fa sempre più insopportabile il mancato decollo del Distretto agroindustriale della Marsica, punto di svolta per un rilancio del settore nell’intera area.

Giova ricordare che l’Accordo, con l’allora Giunta Regionale, presieduta da Falconio, venne votato unitariamente un documento sull’uso equilibrato delle risorse a disposizione, comunitarie, nazionali e regionali, sul territorio abruzzese.

Per le zone interne si concordò, con l’intento di  superare uno modello di sviluppo regionale squilibrato, una ipotesi di utilizzazione forte delle risorse regionali per gli investimenti.

La Finanziaria Regionale 2001 non ha recepito il contenuto di quell’Accordo e l’andamento attuale della gestione delle risorse regionali non lascia presagire il mantenimento dell’impegno assunto, mentre, seppure in altri settori, come quello sanitario, si tolgono risorse alla realizzazione di opere e servizi nella Asl di Sulmona e di Avezzano, non recuperate nemmeno nella ultima delibera regionale.

Non aiuta la posizione assunta dall’Assessore alle Attività Produttive Dominici, che ha scelto la strada del superamento del polo elettronico per sostenere un improbabile  processo di terziarizzazione che si appaia con la scelta effettuata dal Sindaco de L’Aquila a favore dell’uso di risorse per il potenziamento del sistema dei trasporti metropolitani, sostanzialmente in antitesi con  l’Accordo di programma sul polo elettronico.

Ma le quattro ore di sciopero sono, anche, la risposta di Cgil, Cisl e Uil al Governo all’indomani del varo della delega sulle pensioni.
Tra gli obiettivi dello sciopero anche la difesa dell’art. 18 e la protesta contro le decisioni del Governo sui rinnovi contrattuali del Pubblico Impiego e della Scuola.

Dal 7 all’11 gennaio si sono svolte, e si stanno svolgendo,  assemblee nei  luoghi di lavoro, mentre per il 12 gennaio è confermata l’Assemblea dei delegati che si terrà a Palermo su Mezzogiorno e occupazione.
Per noi la delega sulle pensioni varata dal Governo é un provvedimento inaccettabile, frutto del collateralismo tra Governo e Confindustria.
Il Governo  ha buttato nel cestino la concertazione sostituendola con la formula vaga del dialogo sociale. In verità, per loro, il dialogo sociale e’  comunicare ciò che hanno già deciso.

Per noi è importante contrastare questa tendenza, lottando unitariamente contro un Governo che corrisponde alle esigenze di una sola parte della società e non ha nessuna attenzione per pensionati, lavoratori, giovani e per il Mezzogiorno.
La riforma pensionistica definita con il Governo Dini ha già prodotto una stabilizzazione della spesa  previdenziale.

Con lo sciopero noi difendiamo e riconfermiamo la validità di un sistema fondato sui due pilastri della previdenza pubblica e di quella integrativa e riteniamo che vada mantenuto l’equilibrio della spesa pensionistica così come previsto dalla legge di riforma.

La verifica della riforma, anch’essa prevista per legge, deve essere  preceduta dal rafforzamento e dal consolidamento della previdenza  integrativa garantendo i diritti contrattuali, il pieno utilizzo del Tfr  tanto avversato da Confindustria e la copertura dei periodi di malattia, infortunio, maternità.

Ma mentre ribadiamo il valore della previdenza pubblica, richiediamo anche il rafforzamento della  normativa sui lavori usuranti che resta inapplicata perché rappresenta un costo contrattuale troppo alto per imprese    e lavoratori.

Ma non possiamo sottacere le critiche alle modalità di aumento a un milione al mese delle pensioni più basse.

Esprimiamo la nostra solidarietà ai sindacati dei pensionati che hanno sottolineato come i criteri definiti nell’emendamento del governo alla finanziaria escludano oltre 2/3 dei soggetti oggi titolari di trattamenti previdenziali e assistenziali inferiori al milione (che sono oggi 7.200.000).
Tale esclusione, secondo Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil, oltre a creare gravi diseguaglianze penalizza, in particolare, i trattamenti previdenziali, confonde previdenza e assistenza e incentiva l’evasione contributiva e il lavoro nero, svalutando il pagamento dei contributi di chi lavora.
Saremo a fianco dei sindacati dei pensionati, a sostegno delle rivendicazioni contenute nella piattaforma unitaria, con particolare riferimento all’attuazione a livello regionale della legge di riforma dell’assistenza, anche relativamente all’attivazione del fondo nazionale per la non autosufficienza.
Durante il Congresso Regionale dello Spi, in coro con Fnp ed Uilp, è stata sollevata, una questione importante, da sempre sollecitata dai sindacati confederali dei pensionati e condivisa dalla Confederazione regionale: fare delle Politiche Sociali, della lotta all’emarginazione, un “fattore” di sviluppo dell’Abruzzo.

Un Progetto unitario che leghi i fattori dell’Economia Sociale, dei servizi alla persona ed alla collettività ad una crescita  di occupazione qualificata, oltre che di civiltà.

Dovevamo elaborarlo e praticarlo  già da ieri. Siamo convinti che insieme CGIL, CISL ed UIL possiamo lanciare, in questa fase di esasperato individualismo, un messaggio di grande portata e valore per gli anziani, per i ceti più deboli, ma anche per i più giovani.

Ma quando si parla di qualità sociale, ci si riferisce anche alla qualità della vita alla qualità ambientale.

Ed , in questo contesto, vogliamo sottolineare l’unanime ed articolata espressione del popolo della Cgil, durante lo svolgimento dei Congressi territoriali e regionali: sostegno pieno alla presa di posizione della Cgil abruzzese nei confronti delle decisioni del Governo  sulla realizzazione delle opere nelle viscere del Gran Sasso.

Il Ministro Lunardi, ha dichiarato che, senza tenere conto dei pareri contrari espressi da una grande parte del mondo scientifico, politico, istituzionale e sociale, intende procedere nella  realizzazione della terza canna nel massiccio abruzzese, senza cura di rispondere alle preoccupazioni sulle conseguenze, derivanti dal terzo traforo, per le popolazioni e l’ambiente, ma ha confermato l’intenzione di concretizzare quanto già contenuto nel programma della Casa delle Libertà.

Il Governo regionale è stato semplice spettatore, interessato in alcune sue componenti e passivo in altre, dimenticando le proprie responsabilità istituzionali che prevedevano il rispetto delle decisioni già assunte solennemente in Consiglio Regionale, con una risoluzione contraria alla realizzazione del terzo traforo e delle nuove caverne nel ventre acquifero del Gran Sasso d’Italia.

Si fa forte il sospetto della esistenza di un inaccettabile scambio tra la realizzazione del traforo e l’operatività dell’accordo Istituzionale di programma, a suo tempo sottoscritto dal Presidente del Consiglio M. D’Alema e da quello regionale A. Falconio.

Il programma della Giunta regionale, tutti i documenti prodotti dalla stessa, compresi quelli a supporto del Docup, per l’ottenimento delle risorse comunitarie,  parlano della dipendenza dello sviluppo della Regione Abruzzo, come regione Verde dei Parchi.

Come è possibile non cogliere la contraddizione tra la scelta della valorizzazione dei Parchi, tra i quali quello del Gran Sasso, e la realizzazione di un’opera che va nella direzione opposta?

Per questi motivi insistiamo sulla necessità di attivare  un Tavolo istituzionale nel quale fare esprimere tutti i soggetti per comporre una positiva definizione della volontà collettiva e dare luogo a reali e necessarie opere per la sicurezza dei lavoratori addetti ai laboratori.

Ci si è ben guardati dal rispondere a queste richieste, per cui, di fronte a questi atteggiamenti la Cgil deve riprendere la battaglia ambientalista, così come ha fatto un decennio fa, nella campagna per la realizzazione dei Parchi, riaprire la vertenzialità sul territorio coniugando l’ambiente con lo sviluppo sociale, economico ed occupazionale.

È l’impegno che ci siamo assunti con le conclusioni del corso nazionale sulla Contrattazione territoriale e sociale, con particolare riferimento al Parco della Majella, tenuto da Confederazione e  Spi.

Propongo, che su queste tematiche, il Congresso impegni i futuri organismi dirigenti a darsi strutture di direzione operativa, riprendendo un’idea che già fu dello Spi, la Lega Verde, per affrontare le problematiche dei Parchi Montani, con una Consulta della Montagna, analoga riflessione deve essere condotta per un  progetto di restauro dell’ambiente marino e costiero, altra questione che deve trovare la nostra organizzazione fortemente impegnata.

Il nostro scopo dovrà essere quello di fare emergere un nuovo concetto di marittimità, che metta al centro, insieme al Parco Marittimo di San Vito, il sistema dei porti abruzzesi, ma con un deciso potenziamento del Porto Commerciale di Ortona, attraverso il quale rientrare nel progetto di sviluppo legato al Corridoio Adriatico.

In un documento redatto da diverse aziende del chietino è stato denunciato un aggravio di costi, pari quasi al 12 % del costo del prodotto,  per le disfunzioni del sistema dei trasporti.

Questioni che ci propongono la necessità di obiettivi ambiziosi in una fase molto difficile per la vita politica ed istituzionale della nostra regione.

Si sono, infatti, accavallati due fatti sconcertanti:

  1. a) il mancato avvio di una discussione istituzionale sul Documento di Programmazione Economico Finanziaria regionale relativo al triennio 2002-2004 dopo la presentazione  formale alle forze sociali ed imprenditoriali;
  2. l’esercizio provvisorio della Finanziaria regionale 2002.

Le nostre intenzioni, sulla base della Piattaforma Unitaria del 20 Ottobre,  sono state esplicitate nelle richieste di:

  1. una maggiore tutela dei redditi più bassi, attraverso interventi di sostegno diretto ai cittadini più deboli, ma anche di sostegno indiretto con politiche fiscali e di tariffazione differenziata, compresi segnali di attenzione ai cittadini svantaggiati residente nelle zone interne e di montagna;
  2. un fondo per l’occupazione, svincolata da assistenzialismi, ma a logiche di sviluppo produttivo e sociale. A favore, cioè, di politiche di sostegno e di incentivo all’artigianato, alla crescita di aziende agricole polivalenti (produzione, turismo, ristorazione ed ospitalità) e ad iniziative di economia sociale, coerenti con la nostra idea di un Abruzzo regione Verde;
  3. l’individuazione di una politica programmatica in grado di individuare fondi e risorse a favore delle zone interne;
  4. una netta scelta di programmazione sanitaria, e di integrazione socio-sanitaria, in grado di orientare la spesa sulla medicina territoriale, alternativa ai ricoveri ospedalieri.

Il naturale corollario a queste istanze di rinnovamento, che scaturiscono dalle modificazioni del quadro istituzionale in direzione dell’ampliamento della sfera dei poteri della Regione, sono la Legge  Quadro regionale dell’industria, delle Opere Pubbliche e della Formazione e le tre grandi leggi regionali di settore quali il Piano Energetico, dei Trasporti e dei Rifiuti dichiarate essenziali, dalla Comunità Economica Europea, se si vuole dare credibilità al tanto conclamato Docup.

Documento Unico di programmazione, già predisposto nelle sue linee essenziali, dalla passata Giunta Falconio, passata indenne dagli innumerevoli tentativi di stravolgimento, che   ha  visto un’assidua pratica di concertazione tra Giunta e forze sociali ed imprenditoriali.

Ad oggi l’unica vera concertazione effettuata è quella relativa al DOCUP.  Tutto il resto è silente.

Un comportamento che pone un serio interrogativo sulla correttezza e sulla qualità dei rapporti con la Giunta Regionale con il Sindacato Confederale.

Nelle nostre ripetute sollecitazioni, per la ripresa di una intensa fase concertativa, abbiamo insistito sulla necessità di affrontare i  grandi temi di riforma che vanno dal Piano nazionale dei trasporti al Piano Nazionale della sanità, dalle risposte, da dare alle sollecitazioni provenienti dagli organismi comunitari per più precise politiche settoriali, alle più che necessarie attività d’intervento a sostegno dello sviluppo industriale, commerciale, turistico ed agricolo.

Ma nei ricordati 17 mesi di Governo di Centro-destra della Regione si è proceduto con la navigazione a vista e il metodo dell’improvvisazione.

Qualche tempo addietro la Cgil regionale, e non da sola, aveva dichiarato che era finito il tempo dell’apprendistato da parte dei nuovi governanti e del proseguimento della campagna elettorale. Chi era stato chiamato a governare ne aveva il diritto ed il dovere. Ci sono stati, per la verità  innumerevoli incontri con esiti diversi tra di loro.

Nell’ordine:

  • la proposta di legge regionale con la quale si individuava l’ESA .

L’Agenzia di sviluppo produttivo e dei servizi abruzzesi  presenta il limite di non essere preceduta da un Documento-ipotesi di Legge quadro regionale dell’industria, ed esprime una inaccettabile cultura di accentramento neo-regionalista.

L’esatto contrario degli obiettivi da raggiungere con la strumentazione dei Distretti Industriali, veri e propri laboratori di animazione dello sviluppo locale, come ha scientificamente  dimostrato lo studio condotto dall’IRES Abruzzo in collaborazione con la Facoltà di Scienze della Comunicazione di Teramo.

Le nostre intenzioni, profondamente emendative a riguardo, sono state frustrate dalla fine miserevole di questa proposta di legge dimenticata in qualche cassetto dell’Assessore.

D’altra parte non c’è molto da attendersi da chi, questa volta  nella veste di Assessore al Commercio, senza nessuna base scientifica, in dispregio di Leggi Nazionali e regionali che regolano il settore, e che assegnano ad un particolare Osservatorio il compito di monitorare e coordinare la rete distributiva, propone una modifica sulla base di qualche analisi personale, di una legge regionale la n° 62/99, per ampliare a suo piacimento le superfici di vendita, derogando dalle previsioni degli strumenti urbanistici e commerciali, comunali e consortili,  e per offendere gli interessi di tutti i lavoratori del settore con la deroga illimitata alle aperture, con il semplice permesso comunale, senza parere del sindacato.

2) Gli accordi sottoscritti con il Presidente Pace durante la fase della sua gestione della delega alla Sanità per l’immediata costituzione di un Tavolo di verifica circa l’attuazione del secondo Piano Sanitario Regionale; la definizione del terzo Piano Sanitario; l’allineamento dei DSB agli Ambiti territoriali delle Zone sociali; l’integrazione socio-sanitaria; la sicurezza nel lavoro, etc.

Tutti questi Accordi non ancora trovano fasi reali di interlocuzione, ma solo improvvisate e contraddittorie attuazioni parziali.

3) Sono dello stesso spessore gli incontri avuti con l’Assessore ai Trasporti Amicone, dedito in ogni occasione all’”arte” del rinvio.

4) A dir poco irritante l’atteggiamento avuto sulle politiche del personale,.

Dopo accordi sottoscritti su temi organizzativi e di formazione del personale la Giunta è tornata sui suoi passi  calpestando peraltro  precisi vincoli contrattuali.

Su questo ultimo argomento è utile essere chiari: la Cgil aveva impostato una trattativa che riguardava la Riorganizzazione degli Uffici regionali e l’uso di risorse, per la formazione e l’aggiornamento del personale, con l’intento di ridare slancio e voglia di partecipazione, ai nuovi processi di riforma della Istituzione Regionale, al personale abbandonato per molto tempo a sè stesso. Avevamo raggiunto un accordo sulla materia. Ma ad oggi la Giunta non dà ancora segnali di voler attuare quell’intesa manifestando in tale modo  scarsa attenzione alla crescita di una burocrazia regionale all’altezza dei compiti nuovi.

Le attuali entrate della Regione Abruzzo, e vengo alla seconda questione, quella dell’Esercizio provvisorio di Bilancio, se ne vanno per il suo cattivo funzionamento e per l’elevato disordine organizzativo.

Le restanti risorse vengono elargite, attraverso un proliferare di delibere e leggine, in un sistema di finanziamenti a pioggia.

Basta leggere un Bilancio Regionale per capire il significato di queste affermazioni.

Le risorse per gli investimenti provengono dai Fondi Comunitari e dai Fondi Nazionali, mentre la parte di risorse per gli investimenti di competenza regionale sono coperte da mutui.

Leggere per credere.  Però a noi preme dire che la struttura di utilizzazione delle risorse, provenienti dalle attuali entrate, ci sta conducendo verso l’indebitamento massimo consentito.

Sempre dalla lettura del Bilancio si può ricavare che con altri 400 miliardi di indebitamento possiamo raggiungere la meta sciagurata di non avere più un Euro da investire o da elargire alle clientele locali.

La Finanziaria Regionale 2002 doveva essere lo strumento legislativo di svolta, per individuare gli strumenti e i percorsi utili per ridarsi entrate e capacità di uso di risorse per investimenti.

La Giunta Regionale, salvo qualche provvedimento, non riesce ad uscire da questa sorte di avvitamento su se stesso e galoppa verso un 2003 a corto di idee per costruire entrate proprie e senza nessun fondo da investire.

Lontana da noi l’idea che la Giunta Regionale non sia a conoscenza della circostanza che le norme finanziarie consentono una capacità di indebitamento proporzionale all’ammontare complessivo delle entrate proprie.

Il problema è che la Giunta regionale non ha voluto accettare una Finanziaria, proposta per una buona politica e un buon amministrare, abrogativa di tutti capitoli di spesa di leggi clientelari, scegliendo la via dell’esercizio provvisorio, per la seconda volta e per il secondo anno consecutivo.

E’ fondato allora il sospetto che la scelta della Giunta sia legata alla instabilità provocata dal caso Salini e dal possibile ritorno alle urne.

Si è scelta la foglia di fico del contrasto con i dirigenti regionali, pur di non rischiare scelte dolorose e di non rispondere alle tante promesse copiosamente elargite nei tanti convegni ed incontri, che costellano questa interminabile campagna elettorale.

Saremo rigidi su questa questione. Gli obiettivi che abbiamo rivendicato, concordato e concertato con la Giunta regionale, devono essere contenuti nel Bilancio. Non possono essere inventate scusanti, è il momento delle scelte e questo riguarda anche la voragine debitoria nella sanità, che rappresenta quasi i due terzi della spesa regionale.

La Giunta Regionale ci rassicura, continuamente, sulla propria volontà di non perseguire l’obiettivo di nuove tasse per coprire il deficit, presente e futuro.

Queste dichiarazioni non ci rassicurano, perché non aderiamo al pensiero berlusconiano della diminuizione delle tasse, per poi tagliare i servizi sociali e sanitari.

Siamo sempre stati dell’idea che la fiscalità generale deve  garantire questi servizi, e che essa deve essere proporzionale ai redditi delle parsone.

Le più recenti esperienze ci dimostrano che le diminuzioni fiscali, si traducono in tagli dei servizi.

Un esempio, la diminuzione degli introiti sulle insegne, hanno portato meno tasse nelle casse comunali, a Pescara hanno subito tagliato i servizi di assistenza ai bambini in difficoltà.

Le centinaia di esempi, compresa quello più recente, dell’intervento sui costi farmaceutici ci convincono sulla necessità di intervenire sugli sprechi nella sanità con atti programmatori, al fine di evitare l’avvitamento nelle situazioni debitorie,

Per questi motivi, ma anche per i nuovi compiti di federalismo fiscale, che chiedono una organizzazione regionale in grado di esigere, combattere l’elusione e l’evasione, e recuperare il dovuto, gli introiti fiscali, la mancata discussione della Finanziaria regionale, e la sua non approvazione ci fanno correre rischi di tenuta del tessuto sociale, produttivo ed economico abruzzese.

Eppure nell’attuale contesto globalizzato la Regione è chiamata ad intervenire promovendo interventi mirati ai singoli settori e ai comparti utili a favorire processi di innovazione di prodotto e di processo e a sostenere con servizi reali l’innalzamento della competitività del sistema produttivo regionale.

Questi elementi di innovazione da introdurre nelle politiche di sviluppo si intrecciano con altre sfide di carattere trasversale, quali l’attuazione del ricordato federalismo e la connessa modernizzazione dell’assetto organizzativo/gestionale dell’Ente Regione.

Significativo a tale riguardo è il richiamo effettuato dalla Confindustria abruzzese che, seppure per lo più prona ed attenta agli umori della Giunta regionale, non ha potuto fare a meno di segnalare in una pubblicazione dal titolo “Indagine Primo semestre 2001”, l’inadeguatezza dei processi amministrativi con cui oggi vengono utilizzate e gestite le risorse finanziarie disponibili, soprattutto per la mancanza di una organica, coerente ed efficiente attività di programmazione.

Il nostro obiettivo, per ribadire la nostra idea di democrazia partecipata, è quello di mettere i lavoratori e la struttura burocratica regionale nelle condizioni   ideali per stare dentro i mutamenti di scenario di carattere epocale e di grande complessità che stanno già oggi producendo riflessi straordinari nella sfera politica, in quella economica e sociale.

Mutamenti che richiedono di essere governati e supportati adeguatamente da un soggetto pubblico in grado di garantire uno sviluppo equilibrato.

Noi lavoriamo affinché la Giunta e l’Istituzione Regionale siano all’altezza di questi mutamenti.

Sopiti i trionfalismi sulla crescita della occupazione in Abruzzo, non annotiamo dichiarazioni e commenti sul  preoccupante calo del trend di crescita della occupazione nel III° trimestre dell’anno 2001 come è stato evidenziato dai dati sull’andamento dell’occupazione diffusi dall’Osservatorio del mercato del lavoro che ha messo a confronto i dati raccolti dal’Istat.

Il confronto tra ottobre 2001 e ottobre 2000 si era chiuso  con un incremento di 16 mila occupati e ciò era bastato per mettere fiato alle trombe festanti di vari esponenti della Giunta di Centro-destra e alle rivendicazioni sul passato “buon governo” da parte di alcuni esponenti del centro-sinistra.

La rilevazione relativa al terzo trimestre dell’anno 2001 ci spiega perché sarebbe stato più utile un atteggiamento meno trionfante, più prudete e riflessivo.

L’Abruzzo del lavoro, tra luglio e ottobre di quest’anno, ha lasciato sul campo 14mila unità in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
E senza addentrarsi nei meandri dei dati e delle variazioni emerge ciò che per noi erano limiti evidenti della crescita: insieme all’attenuazione della espansione  delle posizioni lavorative cosiddette atipiche, che in precedenza avevano tenuto alto il livello occupazionale, si è aggiunto un fenomeno di rallentamento dell’evoluzione positiva dell’economia abruzzese e delle significative performance che si sono verificate nei diversi settori produttivi, che hanno risentito, più di altre realtà regionali, della consistente decelerazione dell’economia, sia a livello nazionale che internazionale.

Le performances che l’Abruzzo ha conosciuto in questi anni sono dunque il frutto di una positiva congiuntura internazionale che è stata favorita da azioni concertate razionalmente e a livello europeo, a partire dal Patto di Natale 1998, che hanno reso disponibili alle imprese e all’occupazione fattivi interventi di sostegno.

Sono questi i motivi che portarono la Cgil a consigliare alla Giunta di Centro-destra, in occasione della predisposizione della Finanziaria regionale 2001, una ponderata valutazione tra approvare una pessima ed improvvisata Finanziaria e il rinvio di tale approvazione ricorrendo all’esercizio provvisorio per avere il tempo di decidere in modo più meditato scelte strategiche e strumenti di intervento da adottare.

Invito che pubblicizzammo anche con manifesti, comunicati e volantini nei posti di lavoro.

La nostra sollecitazione al rinvio fu imposta alla Giunta dal Consiglio regionale. Ma il tempo guadagnato dal ricorso all’esercizio provvisorio fu successivamente dissipato da una sostanziale inerzia programmatoria e progettuale della Giunta. Nel 2001 la Giunta ancora una volta non è riuscita ad approvare la Legge Finanziaria regionale. Ora il problema che abbiamo è che questo ulteriore esercizio provvisorio non si traduca in un danno grave per la collettività abruzzese.

Il sindacato confederale abruzzese, che nell’attivo unitario dell’Ottobre 2000 si è dotato di una Piattaforma di obiettivi per lo sviluppo produttivo, sociale ed economico dell’Abruzzo, non dovrà restare inerte, ma al contrario mobilitarsi  a livello territoriale e regionale dando corpo e concretezza a quanto già unitariamente concordato.

C’è in ogni caso da approfondire se i dati luccicanti della crescita registrata nel 2000-2001 non presentino zone di pura ombra. Ad esempio va posta attenzione a quale è stato il concorso del lavoro nero e irregolare al boom  delle esportazioni. Come pure, nella crescita registrata dall’occupazione qual è stato il trend del lavoro flessibile, atipico o precario? In quei dati  sono compresi i lavoratori impegnati nei cosiddetti Lavori socialmente utili? E ancora come interpretare e che senso dare alla impennata di lavoro autonomo iscritto nei nuovi fondi   dell’INPS,  che hanno visto nell’ultimo anno l’apertura di decine di migliaia di nuove posizioni contributive?

Esprimono una tendenza, richiedono un’analisi, sollecitano politiche di tutela a livello regionale?

È  questo il compito delle informazioni statistiche. Fornire dati utili alle istituzioni per decidere con rapidità sulle tendenze in atto  con opportune politiche di sostegno, di indirizzo, di correzione.

La proposta delle Organizzazioni sindacali per la realizzazione di un fondo per l’occupazione, da inserire da subito nella Finanziaria regionale, vuole cogliere questo fatto significativo  per la nostra regione,  divenuta   negli ultimi anni teatro di un generalizzato processo di trasformazione delle forme giuridiche dei rapporti di lavoro in direzione della loro precarizzazione, e di crescita abnorme di un’area di economia illegale e irregolare.

In una regione dove l’aumento dell’occupazione si accompagna ad un incremento progressivo delle morti e degli infortuni sul lavoro, tutti i dati  della crescita devono essere letti insieme, quindi, per definire un giudizio critico, politicamente e socialmente responsabile sulla “qualità” dello sviluppo.

Ma ci sono anche altre questioni che devono occupare la nostra intelligenza per produrre idee ed azioni positive, all’indomani di un’altra pagella quella dell’Unione economica Europea sui Piani nazionali sulla occupazione. Una pagella che riguarda anche la nostra regione.

La riforma dei servizi all’impiego si è praticamente fermata al classico palo, le Province non vanno avanti, mentre il trasferimento della delega alle  Amministrazioni Provinciali  della formazione Professionale è ancora in gestazione.

La Formazione, certamente non per  responsabilità imputabili all’attuale Assessore Mileti che, al contrario sembra voglia muoversi con maggiore speditezza, è ancora al palo.

Nel 2002 l’Abruzzo per non perdere le risorse nazionali e comunitarie a disposizione della regione dovrà fare una specie di miracolo: progettare un piano in grado di coinvolgere centinaia di migliaia di giovani, donne ed uomini, lavoratori e non, per spendere circa 400 miliardi disponibili.

In caso contrario molte di queste risorse ritorneranno al mittente europeo, con l’aggravante di una riduzione di risorse per gli ulteriori interventi da effettuarsi negli anni successivi.

Eppure già le linee guida per l’occupazione contenevano traguardi importanti:  nel 2001 il 20 % dei disoccupati doveva seguire un corso di formazione in tecnologia della informazione e della conoscenza; mentre in tutte le scuole abruzzesi andavano realizzati accessi ad Internet.

Nel 2002 gli insegnanti dovrebbero realizzare la didattica con l’ausilio delle nuove tecnologie.

Per finire l’Unione ci chiede di ridurre drasticamente il numero di giovani non impegnati in attività formative.

Per questi motivi abbiamo ribadita la richiesta alla Giunta di fissare obiettivi e risorse per alimentare un rapporto, tutto da costruire, tra Istituzioni, lavoro, scuola ed Università per realizzare la coniugazione tra le opportunità della New economy e le profonde innovazioni in corso nel mondo della educazione.

Noi insisteremo su questi temi, anzi i  temi della scuola e dell’istruzione sono al centro della iniziativa della Cgil, in Abruzzo come nel resto del paese.

Siamo stati dentro la  polemica con gli “Stati generali” promossi dal ministro per l’Istruzione Moratti, soprattutto per le intenzioni manifestate dal Governo con il progetto di riforma “Bertagna”.
L’uso di  atteggiamenti autoritari, il rifiuto della concertazione, il mancato dialogo con le rappresentanze delle varie componenti della scuola, dai ragazzi alle famiglie, alle organizzazioni sindacali, sono una costante.

Con gli  Stati Generali indetti dal Ministro si è tentata una maldestra operazione  mediatica, incurante della partecipazione e diseducativa nei confronti dei giovani costretti a misurarsi con una caricatura della democrazia.
Il progetto Bertagna  attacca al cuore anni di lavoro tesi ad elevare l’offerta di sapere e di istruzione per le giovani generazioni.

La previsione di percorsi separati di formazione e istruzione, la soppressione dell’obbligo scolastico, accompagnata da un tentativo di depotenziare la scuola pubblica dando vantaggi economici alle famiglie che scelgono di mandare i propri figli nelle scuole private, sono un’ipotesi anti-costituzionale.

Ci sembra esplicito, a tale proposito, il richiamo fatto dal Presidente della repubblica Ciampi, nel suo discorso di fine anno, sulla scuola.

Da combattere insieme alla devastante idea di ‘devolution’ che configura 20 sistemi scolastici regionali.

Come per le manifestazioni pacifiste, dei global social forum,  centinaia di migliaia di giovani  e di studenti, hanno rivendicato il diritto ad essere ascoltati e ad essere considerati protagonisti nella società, nella scuola e nei destini del mondo.

La gioventù studentesca è un protagonista sociale al quale noi intendiamo prestare grande attenzione ed organizzare fasi di ascolto e di dialogo, senza pretese di primogenitura.
Un modello di confronto e di rapporto con espressioni sensibili alla democrazia e alla partecipazione della società civile che abbiamo cominciato a praticare anche sui temi della globalizzazione. A partire dall’incontro del G8 di Genova,  quando le organizzazioni sindacali mondiali o sopranazionali,  nel cui ambito la Cgil ha svolto e  svolge un ruolo importante, hanno presentato una piattaforma imperniata sull’adozione di   misure coordinate per  riportare  l’economia globale sulla strada della piena occupazione, sul sostegno ai  paesi in via di sviluppo attraverso la cancellazione del “debito” e la riforma delle istituzioni politiche e finanziarie internazionali.

Questi, insieme ad altri punti, tra i quali il rilancio dell’iniziativa in Italia e nel mondo contro il lavoro minorile sono obiettivi ampiamente convergenti con quelli dichiarati dal cosiddetto “popolo di Seattle”.

Noi ci sentiamo impegnati in un’organizzazione mondiale del sindacato che si propone di difendere gli interessi   dei lavoratori sulla base dei valori della solidarietà e dell’uguaglianza, dei diritti universali dei lavoratori e delle persone.

Questa è la nostra piattaforma di lotta ai possibili effetti devastanti dei processi di globalizzazione, questa è la proposta della Cgil, di questa Cgil Abruzzo, parte di un’organizzazione di milioni di iscritti europei.

In Europa sono nate e si sono affermate culture  straordinariamente ricche di idealità e di valori positivi che hanno caratterizzato la storia civile dei principali paesi europei e che ancora  ne connotano le fondamentali regole di convivenza; sono nate e si sono affermate le prime e più solide forme di organizzazione sindacale.

Tuttavia la società europea non è scevra da problemi irrisolti e si trova  oggi di fronte a nuove e difficili contraddizioni proposte dalle dinamiche  della globalizzazione e dal contrasto di interessi e strategie che ne       derivano.

La Cgil ribadisce, innanzitutto, la sua netta scelta di campo in favore del grande progetto di unificazione dell’Europa: esso va completato  rapidamente nella prospettiva futura di un vero Stato federale.

Non si tratta di un’affermazione scontata: nuove tentazioni  protezionistiche possono oggi affiancarsi a tradizionali scetticismi, la vicenda delle dimissioni del Ministro degli Esteri Ruggero, rappresentano la vittoria Leghista, nel Governo, nella conduzione di una linea antieuropeista.

Tutto questo deve ulteriormente spronarci, dopo la realizzazione dell’unità monetaria, ad impegnarci per un ulteriore consolidamento delle istituzioni dell’Unione Economica Europea ancorandone la  legittimità a una vera e propria Costituzione.

Abbiamo partecipato, con una nostra delegazione,  alla Manifestazione Europea di Bruxelles per il varo di una politica sociale e previdenziale europea.

Una Manifestazione che ha visto la partecipazione di milioni di persone, ma è stata conosciuta per gli atti vandalici compiuti, a latere, da qualche decina di teppistelli.

Su queste premesse è possibile affermare in Europa un modello avanzato di  governo della globalizzazione, valido dentro e fuori i confini dell’Europa  medesima.

La Ces che ha saputo rafforzare in questi anni, il proprio ruolo anche anticipando, nel proprio ambito, la strategia di allargamento dell’Unione,  deve affermare ancor più la capacità di essere soggetto negoziale  sovranazionale, nei confronti delle istituzioni dell’Unione e nei confronti delle rappresentanze imprenditoriali.

Su questi temi la Cgil ha organizzato, recentemente, un ufficio di Segretariato per l’Europa.

Organizzarsi, a quel livello, ci deve spronare a fare di più e meglio a livello locale e regionale.

Permettetemi di fare, alcune piccole considerazioni sulla qualità organizzativa della Cgil Abruzzo e sui nuovi compiti che vogliamo affidarci, per il futuro.

Con questo  Congresso Regionale della CGIL Abruzzo, si conclude una importante fase di transizione.

Il Passaggio da  una CGIL fondata sulle componenti ad una CGIL di programma con la definizione di un ordinato e nuovo sistema organico di regole e il consolidamento dei valori dell’autonomia e del pluralismo progettuale.

Ma c’è anche un aspetto politico ed organizzativo nuovo che non deve per nessuna ragione essere trascurato.

Dopo la difficile fase vissuta, in occasione dell’approvazione dello Statuto regionale della Cgil Abruzzo, abbiamo, insieme, trovata la soluzione, con la decisone del CD regionale che ha ridisegnato l’assetto dei comprensori abruzzesi.                                                                                                                                                                                                                             Non ci sono più scusanti per riflettere sulle ulteriori, e necessarie, operazioni organizzative, anche tenendo conto delle indicazioni contenute nei documenti congressuali della CGIL, per una sua maggiore coerenza  con  quanto accaduto in questi anni nel mondo del lavoro e nella società e per fare tesoro dei limiti e delle insufficienze, ma anche delle esperienze positive che si sono evidenziate, in questo arco di tempo, nel modello che abbiamo sperimentato.

La manifestazione regionale di Roseto, insieme ai temi del confronto regionale, attraverso gli interventi diretti dei lavoratori,  ha fatto emergere un nuovo scenario del lavoro.                                                                                                     Cambiamenti che, oltre ad interessare le modalità e le forme di lavoro, hanno investito e investiranno i livelli di rappresentanza istituzionale e la forma dello Stato.                                                                                                                    La riforma della Pubblica Amministrazione, il decentramento di poteri dallo Stato alle Regioni e al Sistema delle Autonomie Locali, la modifica Costituzionale in senso federalista ridisegnano nuovi poteri  in campo fiscale, sanitario, scolastico  e nei  settori produttivi e di servizio.

La profonda modifica in senso federalista  dell’ordinamento dello Stato che si propone organizzato in Comuni, Città Metropolitane,  Province , Regioni apre la strada a nuove ed impegnative sfide per un  sindacato dotato di capacità di elaborazione, proposta ed iniziativa.

Un impegno che dovrà riguardare  i Comitati degli Iscritti e le Leghe SPI, per  l’animazione locale sui temi confederali riguardanti il lavoro,  i diritti, lo sviluppo ed il benessere della collettività.                                                                            La frattura sociale non si esaurisce più nel lavoro. Il problema non sta solo tra il sopra e il sotto,  ma tra il dentro e il fuori la rete di protezione sociale: tra esclusione ed inclusione.

Confederazione Regionale. Le dimensioni della Regione e le risorse disponibili, suggeriscono la scelta di  strutture agili, luogo dell’incontro, da realizzare, tra “saperi e competenze” diffusi nel territorio e nell’intera organizzazione e “poteri” concentrati in alcuni ruoli definiti e su strutture e organismi ben localizzati. Il punto di equilibrio da raggiungere, per garantire  una azione autorevole del Regionale e una reale capacità di indirizzo, è la definizione di un percorso organizzativo dove lo svolgimento dei ruoli e delle mansioni, coerenti con impegni assunti nell’uso delle risorse, sia fondato sulla capacità di coinvolgere tutta l’organizzazione nel fare proposte e   realizzare di sintesi alte e condivise.

Dovrà esere il Comitato Direttivo regionale, eletto dal Congresso, ad impegnarsi nella definizione concreta del Progetto delineato, indicando le forme organizzative e funzionali utili ad esercitare con efficacia, efficienza e partecipazione democratica il suo ruolo di elaborazione e direzione politica, di negoziazione con l’istituzione regionale e con le associazioni imprenditoriali organizzate a quel livello, nonché la sua funzione di Centro regolatore.

Il modello di riferimento è quello di una struttura regionale a  organizzata per Dipartimenti, Settori, Progetti-obiettivo, con la partecipazione nel loro funzionamento delle strutture categoriali e delle Camere del Lavoro.

Una struttura confederale in grado di interloquire direttamente con le varie realtà (RSU, RLS, Comitati degli iscritti , Leghe SPI e strutture comprensoriali e di area), messa in condizione di raccogliere proposte avanzate ai vari livelli, capace di fare sintesi, dare indirizzi politici generali sulle materie oggetto di contrattazioni territoriali e supportare l’effettuazione reale delle contrattazioni.

La struttura del sindacato, nella regione Abruzzo, dovrà vedere a tutti i livelli un rafforzamento dell’azione confederale, mentre il fondamento della struttura organizzativa della CGIL Abruzzo dovrà essere rappresentato dal Comitato degli iscritti di luogo di lavoro\azienda, per i lavoratori in attività, dalla Lega territoriale SPI, per i lavoratori in quiescenza, dalla Lega territoriale braccianti-edili-piccola impresa- artigianato.

La nuova Camera del Lavoro, d’intesa con le Federazioni provinciali di categoria e con lo SPI provinciale, convocherà “l’Assemblea provinciale del Comitato degli iscritti e delle Leghe territoriali per la verifica del mandato congressuale e la definizione delle priorità rivendicative.

Le articolazioni organizzative territoriali della Camera del Lavoro (Zone) sono istituite dall’organismo dirigente provinciale.

Le strutture confederali di Zona nella promozione e gestione di vertenze territoriali assicureranno la partecipazione alle stesse dei Comitati degli Iscritti e delle Leghe presenti nel territorio di riferimento. Le strutture saranno:

  • dotate di capacità di interloquire direttamente con le varie realtà (RSU-RLS- Comitati degli iscritti – Strutture comprensoriali e di area);
  • messe in condizione di raccogliere proposte avanzate ai vari livelli, di partecipare alla elaborazione degli indirizzi politici generali sulle materie oggetto di contrattazioni territoriali ai vari livelli sulla base di decisioni condivise, nonché sostenere con un reale supporto l’effettuazione reale delle contrattazioni.

Un ulteriore sforzo organizzativo dovrà essere sviluppato, come abbiamo deciso al Convegno sul tesseramento proselitismo di Teramo, attraverso la istituzione, con la indicazione puntuale di ruolo e funzione, della figura del “Tesseratore/trice” operante sul territorio, in grado di intrecciare le proposte politiche e rivendicative con la crescita dei Tesserati, nel tentativo di coniugare i diversi modi di essere iscritti alla Cgil: con delega e senza delega.

Care compagne e cari compagni, gentili invitati la straordinarietà dei problemi del lavoro, l’attacco al cuore dei diritti del lavoro, non possono farci dimenticare la circostanza che vede, questo nostro Congresso, svolgersi in una fase della situazione mondiale ricca di incognite, aperta dalle stragi terroriste di New York e Washington, che hanno provocato migliaia di morti.

Una strage dai contorni tragicamente spettacolari, organizzata da gruppi fondamentalisti che si propongono il condizionamento della storia del mondo, per realizzare un nuovo equilibrio sorretto dalla paura e dall’angoscia del ricatto terrorista.

Nessuno ha raccolto l’idea che il terrorismo possa essere la risposta alle insopportabili ingiustizie nel mondo, alle disequaglianze tra popoli ricchi e sazi e popoli poveri ed affamati.                                                                                     Troppo aberranti sono le finalità, per potere sperare di sfruttare con cinismo i bisogni dei popoli diseredati.

Queste intenzioni dei terroristi, dovevano avere una secca e ferma risposta, con una iniziativa politica che non doveva essere solo una questione americana, ma di tutti i popoli del pianeta.

La Cgil ha intuito da subito che la ricerca della risposta violenta, della guerra, l’effettuazione dei terribili bombardamenti, seppure hanno portato alla sconfitta il terribile dominio dei Talebani e allontanata la loro cieca violenza sugli inermi, per primi donne e bambini, non hanno fiaccato, temiamo, il messaggio politico dei fondamentalisti islamici e loro spazi organizzativi, per nuove imprese.

Il Governo degli USA, dopo una iniziale attenzione alla questione palestinese, ha dimostrato  una caduta d’interesse e un disimpegno avallando l’oltranzismo del Governo Sharon che ha avuto il via per agire con mani libere per rioccupare ed attaccare i centri abitati palestinesi, le strutture civili e militari, per puntare i cannoni dei carri armati sull’abitazione di Arafat.

Mentre si attaccava il popolo, si distruggevano i collegamenti, le comunicazioni e le informazioni, si assediavano e bordavano le caserme delle forze della sicurezza palestinese si chiedeva ad Arafat, ormai prigioniero, nemmeno libero di recarsi alla messa del natale ortodosso, di combattere e catturare gli appartenenti ai gruppi  terroristici palestinesi.           L’obiettivo di Sharon è quello antico delegittimare Arafat, togliere una testa politica, pensante e laica, al popolo palestinese, per allontanare il rischio di dare uno Stato al popolo palestinese.                                                                             Noi siamo pienamente concordi con la posizione espressa dalla Cgil tesa a privilegiare una azione politica internazionale capace di ridurre le disuguaglianze, di dare risposte ai problemi di sopravvivenza di miliardi di persone e di risolvere le grandi questioni che in grande parte del mondo riguardano la libertà e i diritti fondamentali dei popoli.

La Cgil Abruzzo, con la Fiom regionale impegnata  nel PROGETTO  “ALLEATI CON EMERGENCY: SOLIDARIETA’ ALLE VITTIME DELLE GUERRE”, e con il Progetto che discuteremo oggi pomeriggio,  nella Tavola Rotonda organizzata per mantenere aperta una Finestra Internazionale durante i lavori del Congresso della Cgil abruzzese, sta dando un segno forte di questo nostro impegno.

Una delegazione della Cgil abruzzese, formata da Paola Bonifaci  e Gabriele Pilotti, tra Natale e Capodanno, si è recata  nei territori palestinesi e in Israele per partecipare alla missione di solidarietà e di pace, nell’ambito dell’iniziativa ‘Action for Peace’ promossa da noi e da un ampio cartello di forze a livello europeo.

Una iniziativa nel quadro della campagna di solidarietà e cooperazione della Cgil e di ‘Progetto Sviluppo’ in favore del popolo palestinese, dal titolo   ” Pace e Sviluppo in Palestina”.                                                                                              Con queste  iniziative sulla Palestina, alle quali, durante lo svolgimento dei Congressi, ed in questo Compresso, abbiamo chiamato il mondo del lavoro abruzzese e le istituzioni, a partire da quella regionale, a partecipare concretamente,  la Cgil apre, come sa fare un sindacato, una vertenza formale.

Chiediamo che nella fase di predisposizione dei Bilanci Preventivi delle istituzioni si prevedano risorse per attivare interventi e progetti a sostegno del popolo palestinese per aiutarlo nel processo di costruzione dello stato , come pure è urgente una forte mobilitazione per sollecitare l’invio di una forza di interposizione militare ONU in grado di garantire  una tregua per una fase utile allo sviluppo di negoziati che si propongano di risolvere alla radice la questione palestinese con il riconoscimento di uno Stato della Palestina indipendente che conviva pacificamente con lo Stato di Israele.

Dobbiamo essere davvero consapevoli che la soluzione del rapporto tra palestinesi e israeliani è una questione fondamentale per la comunità internazionale.  E’ una questione decisiva questa anche ai fini anche della lotta al terrorismo fondamentalista islamico che specula cinicamente e attinge forza e consenso nel mondo islamico           dalla irrisolta questione palestinese.

Noi siamo solidali con il popolo palestinese, ne soffriamo le umiliazioni e la offesa dei diritti,  ma insieme Europei, palestinesi ed israeliani dobbiamo trovare la via per un mondo di pace, Perché lavoro, giustizia, dignità, democrazia e diritti non siano solo parole.

Di Franco Leone

ex Segretario Generale della Cgil Abruzzo - ex Seg. Generale Cgil Pescara e dello Spi Regionale.