La diminuzione del numero di ore di Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO), nel biennio 2002-2003, potrebbe essere letta come fase positiva.
Infatti la Cassa Ordinaria viene solitamente per sopperire le difficoltà di breve durata.
La stessa variazione percentuale (-32,18%) di ore, riguardanti gli impiegati potrebbe farci sorridere ed aprire il cuore alla speranza della ripresa produttiva.
Purtroppo la riduzione non è legata ad una ripresa del settore commerciale, amministrativo o logistico o alla ripresa della politica di esternalizzazione delle attività.
Infatti, basta guardare la colonna a fianco riguardante la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria per annotare una crescita del 165%. Una crescita record, seconda in Italia solo al Piemonte (Crisi FIAT 203).
Questo è il dato che fa giustizia, dalla lettura rosea donataci dal Presidente Pace sulla situazione produttiva ed occupazionale abruzzese. Non tace, anzi rafforza questa tesi un ossequioso Abruzzo Lavoro, che annuncia l’esistenza di segnali positivi per l’occupazione in Abruzzo.
Ma lo stessa Agenzia Regionale non può sottacere l’avvenuta flessione di oltre 16.000 unità nella Forza Lavoro (da 540.000 unità al 3° trimestre 2003 a 524.000 unità al 3° trimestre 2004)
Lavoro vero, a tempo indeterminato, perso nei dai settori produttivi. Un risultato che arriva dal Polo Elettronico, dal sistema delle Telecomunicazioni, dell’Auto e Tessile-calzaturiero entrati nel tunnel della crisi senza che la Giunta Regionale abbia provato a cercare una linea di azione, un confronto vero con il Governo e con i grandi gruppi, per la difesa occupazionale e produttivo del suo territorio.
Nonostante i nostri ripetuti inviti a fare una battaglia comune in difesa dell’Abruzzo e del suo tessuto produttivo.
Non è rimasto nessun cervello operativo in Abruzzo: Poste, Telecom, Ferrovie, ENI-AGIP etc. sono andati via portandosi dietro professionalità e impoverendo l’Abruzzo.
Tutto questo, mentre i dai ufficiali sull’occupazione insistono sulla crescita di posti di lavoro e, quindi, della diminuzione del tasso di disoccupazione.
Una lettura diversa rispetto ai dati che CGIL CISL UIL hanno comunicato e denunciato in occasione dello Sciopero generale del 17 febbraio 2004.
Già nel 2003 durante lo Sciopero generale della sola CGIL si parlava di un 2003 nero, con un P.I.L. negativo (-3% inferiore a quello dell’Italia).
Un andamento economico di vera e propria recessione che unito alla crescita vertiginosa della Cassa Integrazione Guadagni lasciava presagire un 2004 drammatico.
Un andamento questo che, nel corso dell’assemblea annuale regionale della Banca D’Italia, gli economisti hanno definito “Paradosso abruzzese”.
Infatti una crescita di occupazione, in una fase recessiva, ha una sola spiegazione: la perdita di qualità del sistema economico abruzzese e la riduzione della capacità produttiva del tessuto industriale abruzzese sono accompagnate dalla crescita del lavoro “indecente”, aumento del lavoro precario e senza diritti. Così si definisce questo tipo di occupazione in Europa.
Il lavoro visto dai giornali Testata giornalistica: IL MESSAGGERO Leone (Cgil): industria, svaniti 17mila posti (09/02/2005)
La Cgil denuncia la perdita in Abruzzo di oltre 17 mila posti di lavoro nel settore dell’industria. Il sindacato parla di «emorragia drammatica» che tende ad aumentare e non è compensata dall’incremento in altri settori, come quello dei servizi. Nella campagna elettorale per le regionali la Cgil avanzerà tre proposte prioritarie ai due schieramenti politici: la riforma della Pubblica amministrazione; investimenti per il potenziamento delle infrastrutture a servizio delle aziende; la qualificazione del mercato del lavoro. «La cifra di 17 mila posti persi – ha spiegato il segretario generale della Cgil Abruzzo, Franco Leone – è stata elaborata dal sindacato sulla base di dati dell’Istat sull’andamento del numero degli occupati, passati dai 156 mila del 2001 ai 149 mila del 2002, fino ai 148 mila del 2003. Cifre confrontate con il totale delle ore autorizzate di cassa integrazione guadagni, cresciute del 25% tra il 2003 e il 2004, da 7.268.687 a 9.116.680, e al numero di lavoratori in mobilità, che sarebbero passati dai 3.691 del 2002 ai 4.197 del 2003 ai 4.700 (secondo stime della Cgil) nel 2004. Nell’industria, e non solo, ormai l’alternativa è tra perdere il posto di lavoro subito o tra un po’».