Il tema che mi è stato assegnato in questo seminario non è privo di spinte verso ambizioni letterarie e storiche, naturalmente conterrò il tutto in qualche considerazione molto pragmatica. Ad esempio il titolo “Risorse e occupazione nella programmazione regionale”, non deve farci pensare solo alle scarse risorse, che magari riusciremo ad individuare in sede di discussione del Bilancio Regionale 2.000, anche quelle magari, ma ad un disegno organico in grado di coniugare tutte le fasi programmatorie.
È superfluo ricordare che ormai sono diverse le procedure da seguire, siamo all’indomani della fuoriuscita dall’intervento straordinario nazionale e comunitario, diverse le nuove dinamiche da ricollocare e da introdurre nello sviluppo sociale, economico e produttivo dell’Abruzzo coinvolto, come il resto del paese, in un profondo processo di modifica del suo sistema tecnico-economico. Le risorse utilizzate per la crescita, che negli anni passati ha coinvolto l’Abruzzo, non hanno consolidato ed aumentato il numero di posti di lavoro. Nel frattempo i disoccupati sono stati oggetto di politiche di sostegno sociale, che vanno dalle politiche regionali di inserimento ai provvedimenti legislativi per la nuova occupazione giovanile. Ma come è noto, questi contributi, non risolvono un processo più profondo che vede l’Abruzzo coinvolto in una caduta verticale di occupati, una forte espulsione dal mercato del lavoro di migliaia di lavoratori, unitamente alla mancanza di creazione di nuovi posti di lavoro. Questa situazione non è sanabile da ricette che hanno al centro la riduzione delle garanzie ai salariati e la flessibilità selvaggia del rapporto di lavoro, per giungere alla resa, dell’organizzazione della società, alle esigenze del mercato, ma richiede una diversa evoluzione dello sviluppo e dei consumi, unitamente ai processi di trasformazione culturale e sociale, in grado di modificare la situazione e di determinare la Nuova Domanda: rendere effettiva la richiesta di prodotti e soprattutto di nuovi servizi.
Naturalmente il consumo non è in grado di aumentare quando i salari restano bassi e quando il numero di disoccupati è alto, è necessaria, infatti, una netta inversione della Politica Economica che, ponendo l’uomo al centro degli obiettivi, faccia dell’occupazione e della crescita di civiltà e del benessere il motore della canalizzazione delle risorse dai settori ad alta produttività al settore dei servizi.
Questo significa affrontare i temi del riavvio di una crescita stabile e duratura e del rafforzamento della struttura produttiva ed economica, con uno spirito diverso, traducibile in una semplice considerazione: la crescita, raggiungibile attraverso, sane politiche nei settori industriali, dei servizi, del terziario e dell’edilizia è necessaria per la produzione di maggiore ricchezza, ma non è, essa da sola, e per lo più, traducibile in maggiore impiego. Sono necessarie anche altre politiche, per non abbandonare al loro destino coloro che sono lontani dai posti di lavoro, favorevoli allo sviluppo e utili alla rimozione della stagnazione dei consumi. Il sindacato abruzzese ha proposto che, nelle fasi di programmazione regionale, nell’approntare le fasi di negoziazione, a tutti i livelli, si inseriscano quali elementi pesanti, per produrre uno scenario diverso: l’aumento dell’offerta di servizi alle famiglie con redditi bassi, agli anziani, ai bambini, ai giovani in difficoltà; politiche di miglioramento dell’ambiente e della qualità della vita, soprattutto nelle zone interne. A loro devono essere aggiunte le necessità, che il mercato non è oggi in grado di soddisfare, determinate dalla disponibilità di tempo libero, dalla modifica degli orari dei servizi cittadini e dalla diversificazione del tempo di lavoro. Quest’ultimi temi devono essere visti come nuove e grandi occasioni, per favorire la crescita della domanda dei servizi e la relativa occupazione, in settori di lavoro ancora del tutto disorganizzati. In questo modo le amministrazioni locali, sostenute da mirate politiche di sostegno nazionale e regionale, possono incentivare nuovi lavori ed alimentare occupazione qualificata. Una scelta che richiede incentivi, formazione e guida a nuova imprenditoria giovanile. Pensare che questo nuovo mercato del lavoro si organizzi da solo è però pura miopia, infatti esso è solitamente incapace di prevedere i propri bisogni, mentre l’interesse si sviluppa solo quanto il reddito si realizza in tempi brevi. Sono questi i temi proposti alla Programmazione regionale, che attengono alle economie sviluppabili sul piano locale.
L’attenzione rivolta dai sindacati abruzzesi allo sviluppo produttivo ed economico, a partire dal ruolo fondamentale svolto dai grandi gruppi industriali, fortemente incidente nell’economia abruzzese, non deve essere considerato contraddittorio: sono settori necessari alla produzione di ulteriore ricchezza, che se non vengono tradotti solo in utili, possono efficacemente galvanizzare investimenti. La programmazione regionale, partecipata dai tanti soggetti utili allo scopo, può quindi esaltare la regia regionale sul terreno dell’uso delle risorse ed individuare una quota robusta per il sostegno a politiche della occupazione
Significa attuare un espressivo spostamento di risorse e di lavoratori verso la produzione di servizi sociali, alla persona, alla famiglia e alle nuove esigenze dettate da una collettività che stanno modificando i propri tempi di lavoro e di vita. Non si tratta, quindi, la ripetizione della pura e semplice richiesta di un aumento dei servizi sociali, ma lavorare per mettere in campo, anche le risorse possedute dai soggetti di domanda: gli individui, le famiglie e le comunità locali. Molta parte delle aree territoriali abruzzesi appartengono alle zone montane e sono sede di Parchi Nazionali e Riserve Naturali, quindi, con territori sottoposti a particolari vincoli di tutela, dovuti alle bellezze ambientali, alla ricchezza della flora e fauna, caratterizzate da una serie di problematiche comuni alle zone interne e di montagna. Una situazione che richiede forte capacità progettuali, nel filone delle Economie Sociali, per produrre una significativa affermazione del valore dello sviluppo compatibile. Questo filone deve essere visto come la continuazione del ruolo positivo, svolto dalle popolazioni, nei processi di conservazione dei territori dei parchi dal punto di vista naturalistico ed ambientale. Una ricchezza che deve oggi, essere, sfruttata ai fini dello sviluppo e non dell’esclusione dal benessere e dal diritto alla salute. Tutti obiettivi che possono essere raggiunti attraverso forme di cooperazione tra le regioni, gli enti locali e le varie forme d’impresa, presenti sul territorio, capaci di coniugare gli elementi utili ad uno sviluppo endogeno. Stessa filosofia deve riguardare la costa, non dimenticando che la scommessa dell’industrialismo ha oscurato l’importanza di scelte politiche, che riguardassero, anche in piccola parte, il futuro della marittimità, destinando il mare solo ad una marinità di tipo balneare. Un concetto di marittimità che indica la volontà di recuperare una politica di buon governo di una risorsa, il Mare, in tutta la sua complessità: ambientale, culturale, storica, sociale e produttiva, in tutti gli aspetti che costituiscono il fondamento di una complessiva politica del mare e cioè risorse del mare, pesca, industria ittica, trasporti, porti e navigazione, partendo innanzitutto dalla necessità di incentivare e sviluppare il piccolo e medio cabotaggio e cioè di avviare l’importante svolta politica di privilegiare il trasporto via mare delle merci non deperibili liberando così le strade da una gran mole di traffico su gomma. In conclusione, sospendendo l’articolazione di ogni altro argomento, ritengo che le politiche di programmazione regionale se vogliono destinare risorse alla occupazione, debbono guardare ad interventi che siano in grado di privileggiare le capacità di sviluppo auto-propulsivo.
di Franco Leone